Tanto tuonò che piovve





Dunque, ci siamo.
Passo dopo passo, lacrimuccia dopo lacrimuccia, lamento dopo lamento, invocazione rosa dopo invocazione rosa, per il mondo maschile sta cominciando a grandinare pure – non solo, ma pure, anche - in materia di lavoro dipendente.
E non finirà tanto presto.
Alla data e all’ora in cui sto scrivendo non si conosce ancora l’articolato del famigerato decreto legge adottato dal governo Monti – che sarà pubblicato in G.U. probabilmente solo domani - recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità, il consolidamento dei conti pubblici, la promozione e la tutela della concorrenza e per lo sviluppo industriale e infrastrutturale del Paese.
Ma una cosa è certa.
In quel testo sono previste agevolazioni fiscali per le imprese che assumeranno stabilmente giovani ma soprattutto donne; si parla di deducibilità integrale dell’IRAP-lavoro, in favore delle aziende, che va dai diecimila ai quindicimila euro circa per ogni assunzione privilegiata, per un valore complessivo di 1 miliardo di euro l’anno sino al 2014 (la programmazione è canonicamente triennale, poi si vedrà).
Se la vogliamo vedere sotto un’altra angolazione, significa che buona parte degli uomini di età superiore ai 35 anni - a meno che non abbiano competenze specialistiche, capacità insostituibili, raccomandazioni particolari o chissà quali altre qualità nascoste - sono tagliati fuori dal mercato del lavoro.
Una vera e propria pianificazione sociale degna del politburo sovietico, che non mancherà, anche in questo caso come in quello, di creare sacche di privilegio in contrapposizione stabile ad altrettante sacche di disagio.
Tutto ciò, in nome di una concezione assurda della cittadinanza per cui la società va suddivisa, pregiudizialmente, tra soggetti forti come gli uomini - che devono essere ostacolati nelle loro possibilità – e soggetti deboli, come le donne, che invece devono essere agevolate, sostenute, supportate, raccomandate, vezzeggiate e coccolate dai poteri pubblici e dalla politica ufficiale.
Anche in questo caso, infatti, la parola magica dietro la quale si nasconde la smania di pianificazione è la parola equità - come avevamo già indicato in una precedente riflessione sullo stesso tema – la quale infatti dà bella mostra di sé sia nel titolo del decreto legge, sia nel frasario ripetutamente utilizzato in queste ore da Monti e dai suoi ministri.
L’equità è l’atteggiamento tipico di chi ha qualcosa da distribuire; il genitore si mostra equo verso i figli trattandoli allo stesso modo, perché i figli dipendono dalle elargizioni e dalla benevolenza del genitore.
Se un atteggiamento del genere lo assume lo Stato - il cui compito non è distribuire risorse ma mettere tutti i cittadini in condizione di partire alla pari (partire, non arrivare...) per raggiungerle e conquistarle con le proprie forze – si chiama paternalismo; anzi più propriamente, si chiama maternalismo, vista anche l'attitudine alla lacrima facile dei neo-governanti.
Ed il cittadino torna (o rimane) nell’antico ruolo del suddito che dipende dalla benevolenza arbitraria del potere, piuttosto che far dipendere le proprie fortune dai propri meriti e dalle proprie capacità effettive.
Quella cosa sacrosanta e benefica per il mondo maschile e per la società nel suo insieme che si chiama "meritocrazia" rimane un traguardo agognato, irraggiungibile e sempre più lontano.
In buona sostanza, ciò che sta succedendo ormai da anni in danno dei padri separati e dei loro diritti si riproporrà, mutatis mutandis ma con una logica del tutto analoga, sul mercato del lavoro; e c’è da prevedere, sin da ora, che quegli uomini che si troveranno – in quanto colpevoli di essere nati con il sesso sbagliato – senza un lavoro stabile entro una certa soglia della vita andranno ad ingrossare le fila dei reietti sociali, dei barboni e, per amore o per forza, anche delle consorterie criminali.
Ma non finisce neanche qui.
Come abbiamo cominciato a vedere in occasioni precedenti e come ha esposto in modo più che esauriente ed efficace Marco Faraci in un suo recente articolo, il prossimo diluvio arriverà attraverso la c.d. “fiscalità sessuata”; ossia, un altro modo per agevolare le donne ed ostacolare la vita degli uomini, stavolta attraverso la leva fiscale diretta.

A questo punto della storia mi chiedo cosa altro debbano fare, quali altre misure vessatorie debbano essere adottate perché il mondo maschile si accorga del vuoto che si sta aprendo, volutamente e in nome dell’assurdo principio dell’equità sociale imposta per via legislativa, sotto i nostri piedi.
Per certi aspetti comincio anche a credere che chi si assoggetta ad angherie politiche e giuridiche così reiterate, insistite e prolungate senza fiatare, senza avere nulla da eccepire e senza la benché minima reazione o sussulto d'amor proprio, in fondo si merita ciò che gli succede.
Il cruccio è che senti di non far parte di questa massa di rimbambiti cronici e ti aspetti che alla tua voce di dissenso se ne aggiunga qualche altra.
Invece, se non tutto, quasi tutto tace.
Nel peggiore dei modi possibili.

Teste di cazzo....



N.B. - chiedo scusa per l'esclamazione conclusiva che nasce dal cervello e dal cuore.
Padroneggiare entrambi non è facile come sembra.