La mamma è sempre la mamma?






Il diluvio di commenti, articoli, prese di posizione, giudizi, talk show, periti veri o improvvisati, moralismi e moralisti, esercitazioni retoriche, urla e grida in diretta o in differita suggerirebbero di astenersi dal partecipare a questo tiro alla fune collettivo che sembra essere diventata l'arcinota vicenda di Leonardo, il ragazzino conteso di Cittadella.
La morbosa smania di partecipazione ai commenti di un evento che ha diviso gli italiani tra innocentisti e colpevolisti, tra partigiani di una famiglia o dell'altra, tra sostenitori della PAS e suoi detrattori, tra questo e quello, tra sopra e sotto ha, infatti, un suo significato che sembra travalicare l'episodio in sé.
Pertanto di quello voglio parlare, piuttosto che immergermi nelle profondità abissali del vero e del falso, del torto e della ragione, del giusto e dell'ingiusto; insomma, nei meandri labirintici del processo mediatico.
Ciò che mi interessa è, invece, la risonanza mediatica del processo in corso.
Quella che ormai da giorni ci ripropone, come uno spettro ricorrente, quel video scomposto e drammatico come un reportage di guerra.
Di questa insistenza ottusa, reiterata all'eccesso, immancabilmente seguita dal profluvio di opinioni che dovrebbero ripristinare, restaurare, ricomporre la serenità perduta; di questa insistenza che appare come il gioco compulsivo di una società prigioniera della sua nevrosi nascosta, che di tanto in tanto si svela con i sintomi sfacciati di un'incontenibile bulimia mediatica.
Tutto questo mi fa pensare spontaneamente ad un'altra sintomatologia altrettanto mediatica dell'attuale: quella che seguì con ricostruzioni, processi televisivi, incursioni peritali e psichiatriche, modellini in scala ed esperti di varia natura e tipologia alla tristissima vicenda di Cogne.
La morte del piccolo, sfortunato Samuele e la condanna - quasi in una sorta di diretta, settimana per settimana, giorno per giorno, minuto per minuto - della madre; l'incredibile scoperta che sgomentò l'Italia tutta precipitandola in un'allucinata, interrogativa incertezza.
Certo, le due vicende sono completamente diverse, non si trattasse del fatto che riguardano in entrambi i casi bambini e mamme.
Ma più che degli abusi o delle violenze o dell'impotenza minorile, il tratto comune - quello che sembra sollecitare l'armamentario della nevrosi e spinge a ricostruire, a risentire, a rivedere, a riconsiderare, a riformulare, in un ciclo senza traguardo apparente - è quello delle madri.
In quanto donne, in quanto madri, in quanto custodi della vita, della pace e del bene, a quanto si dice.
A differenza dei padri, fonti di ogni male, a quanto si dice.
Eppure, alla fine, la dissonanza cognitiva con la quale si devono fare i conti ci piomba addosso durante una trasmissione tivvù, con un video, una notizia, un resoconto, delle urla registrate.
E allora si corre ai ripari.
Per questo si costruiscono modellini della villetta, si risentono le urla del video, si scandaglia un terreno che sembrava privo di anfratti, di crepacci, di trappole, magari si organizzano anche fiaccolate e veglie cittadine.
Per questo si fa un gran parlare, un gran partecipare, un gran pontificare da tutti i canali della comunicazione in un'assordante sarabanda.
Perché la mamma è sempre la mamma!
O no....?

Episodi del genere, quando deve intervenire la polizia, quando scattano le manette e le coercizioni, quando il Tribunale non è più dalla parte della Mamma - e ce ne vuole perché questo succeda - qualche dubbio, in fondo in fondo, te lo lasciano.
Lo so che sembra inaccettabile, la violazione di un tabù, una bestemmia in Chiesa, il sovvertimento dell'ordine morale.
Ma la mamma, allora, non è sempre la mamma.
Non in tutti i casi.
Sono i proverbi ad averci ingannato o è qualcosa d'altro?
Come è possibile che un ragazzino venga strappato dalle braccia amorevoli della Mamma?
Come si può arrivare a concepire qualcosa di simile?
Come può ritenersi preferibile il Papà alla Mamma?
E' sciokkante, vero?
Per questo non si smette più di parlarne, di guardare la tivvù, di cercare la risposta dall'esperto, dal talk show, dal dotto illuminato che ci riporti in pace con la Mamma.
La realtà è più difficile dell'illusione ma dobbiamo farci i conti, anche in occasioni così difficili da mandare giù.
Allora corrono gli esperti, gli psicologi, i curatori dell'anima ed i meccanici del cervello, oltre ai professionisti della famiglia che è diventata, appunto, una roba da affidare a gente esperta.
Perché c'è qualcosa che davvero non possiamo ammettere, a noi stessi, agli altri, al mondo ed alla vita.
Che una mamma abbia torto, sia inadatta, inadeguata, persino pericolosa o malsana per i figli.
Perché la Mamma è sempre la Mamma!
O no....?

Allora provate a rovesciare la situazione e pensate a tutti quei papà dalle cui braccia i figli sono stati strappati a viva forza, a cura delle madri, degli assistenti sociali, dei magistrati, degli psichiatri, degli ordini forensi, dei professionisti della famiglia e delle guardie in divisa.
Insomma, da tutti gli stessi attori protagonisti e comprimari - le medesime figure, con le stesse prerogative e ragioni - della questione di Cittadella, con gli stessi esiti, le stesse modalità d'intervento, le identiche forzature.
E godetevi il relativo, pacifico ed incontaminato silenzio.
Ecco ciò di cui volevo parlare, Leonardo permettendo.