Prima considerazione: il vittimismo paga.
A parte chi lo pratica abitualmente, hanno cominciato a capirlo molto bene, ad esempio, anche alcune associazioni di padri separati, che invece di affermare il loro naturale e sacrosanto diritto a conservare una ragionevole dignità di vita dopo la separazione – un principio che non dovrebbe essere considerato negoziabile per nessuno, in nessun caso e in nessun mondo possibile – cercano consenso alla loro causa con il racconto minuto delle ormai innumerevoli, drammatiche storie individuali, alcune delle quali già sfociate o destinate a sfociare in tragedia.
Vogliono impietosire e fanno bene.
Hanno sicuramente capito che non siamo più, ormai da diverso tempo, in una democrazia delle idee ma in una democrazia delle emozioni.
La razionalità in base alla quale, per secoli, è stata data interpretazione delle vicende umane ha ceduto il passo alla teatralizzazione degli stati d’animo, che induce la pubblica opinione a parteggiare spontaneamente per le vittime - o per coloro che sanno rappresentarsi meglio in queste vesti - di qualunque tipo.
I risultati, in un mondo ridotto a palcoscenico irrazionale e agli umori della sua platea , vengono di conseguenza.
Seconda considerazione: l’informazione costruisce la realtà.
Allontanandosi sempre più da quell’altro principio indisponibile che dovrebbe essere la ricerca oggettiva della verità, chi detiene le leve dell’informazione ha margini di manipolazione dell’opinione pubblica talmente ampi ed estranei a qualunque, vero controllo e contrappeso da rappresentare un pericolo per la concezione stessa della democrazia.
L’obiezione secondo la quale non esiste una sola verità ma tante verità quante sono le teste pensanti è un rilievo necessario, ma niente affatto sufficiente a giustificare l’oscuramento di interi segmenti della realtà da parte di operatori dell’informazione che mettono sotto l’occhio dei riflettori, in luogo del tutto, solo quella parte che gli interessa e per la quale parteggiano sfacciatamente.
Ciò che si ricava attraverso le omissioni informative, ignorando volutamente tutte le possibili sfaccettature dei fatti e delle loro conseguenze, non è pluralismo delle idee e delle opinioni ma becero conformismo indotto; non rende affatto consapevoli ma limitando la conoscenza occlude la coscienza.
E’ un dato di fatto che non è mai esistita una società tanto incline al conformismo quanto l’odierno mondo occidentale; l'epoca dell'informazione libera e "a tutto campo" è un fenomenale miraggio a cui piace credere a molti.
Terza considerazione: l’utopia non è mai morta.
La pretenziosa sciocchezza contenuta nell’idea che un mondo popolato di esseri imperfetti possa essere da questi trasformato in un luogo di perfezione, di pace, di uguaglianza e di giustizia sociale definitiva attanaglia ancora molte menti, nonostante gli inequivocabili ed opposti risultati di laboratorio che l’esperienza storica ci consegna.
Piuttosto che porsi davanti ai problemi umani con quel sano, ragionevole e pragmatico realismo che consente di osservare le cose nella loro inevitabile ambivalenza e dare risposte equilibrate, possibili e rispettose di tutti, ancora in tanti - in troppi - continuano a guardare la realtà sociale per misurarne la distanza con quel mondo immaginario del bene utopico arrivando a ricavarne distanze abissali e, quindi, visioni mostruosamente deformate del presente.
In nome dell’utopia sono state fatte sino ad oggi cose aberranti e orrende, commessi misfatti osceni, soggiogato intere popolazioni inermi, mutilato le libertà civili in mille modi diversi.
C’è chi si affanna a raccontarci che viviamo nella cosiddetta età “post-ideologica”, senza avvedersi - o sforzandosi di nascondere - che l’antica malapianta da cui le ideologie traggono la propria linfa vitale è tuttora in piena fioritura; anzi, non è mai stata tanto rigogliosa.
Siamo preda di un intorpidimento delle coscienze che ci impedisce di vederlo.
In fondo, siamo vittime di noi stessi e del nostro desiderio di volere un mondo migliore, qualunque prezzo questo comporti.
Quarta considerazione: il futuro è già scritto nel presente.
Una società dominata dalle pulsioni dell'irrazionalità emotiva, incapace di capire sé stessa e sempre più distante dal naturale e logico buon senso su cui è stata edificata e strutturata non ha molte strade percorribili.
Nella migliore delle ipotesi, ciò a cui sono destinate le prossime generazioni sarà un imbarbarimento crescente dei rapporti umani e delle relazioni sociali, dominati in misura sempre più ampia dall'inautenticità, dalla manipolazione e dalle burocrazie.
Nella peggiore, troverà conferma quella premonizione di un mondo orwelliano in cui le psico-polizie si occuperanno di rastrellare i riottosi e le psico-magistrature, dal canto loro, di processarne gli stati d'animo e gli istinti per uniformarli all'ortodossia o per l'eventuale e definitiva condanna.
Le Costituzioni conterranno quel tanto che basta ad imbrigliare le energie all'interno di canoni predefiniti, limitandone la libera e naturale espressione nei limiti consentiti da qualcuno (o da qualcuna, com'è più probabile).
E tutti coloro che non saranno felici e contenti di vivere in un mondo pacificato, neutralizzato, cloroformizzato e finalmente inerte saranno mandati alle cure, alle psicologie ed alle rieducazioni del caso.
Come mai tiro fuori considerazioni simili e tanto pessimistiche?
Mi sono venute alla mente - poco per volta, a dire il vero - dopo aver letto casualmente sul web una notizia di poco conto e di nessuna risonanza mediatica.
Si tratta del decesso di un certo Maurizio Colaci, ennesimo padre separato morto, stavolta, di crepacuore nei termini che potete leggere al relativo link.
Sulle prime mi è venuto in mente il ritornello di quel vecchio successo dei Pink Floyd - "just another brick in the wall...."
Poi, ho sentito da qualche parte che le intrepide giovanotte delle notti di Arcore - le c.d. "olgettine" - sono state dichiarate vittime dalla magistratura ed ammesse a costituirsi parte civile (ossia a speculare economicamente....ancora e ancora) nel noto processo Ruby; quest'ultima perla di donna compresa.
Ne sono scese a cascata tutte le considerazioni che ho scritto, una dietro l'altra.
Non ho la pretesa che tutti ci vedano i nessi che ci vedo io.
Comunque, quelle due notizie messe accanto l'una all'altra e in rapporto tra loro mi hanno fatto pensare a tutto questo.
Alle ragioni di un declino della razionalità che appare ormai inesorabile.