Cortocircuiti

«Bravo Fini, comunque la si voglia pensare su di te - ed io non sono tra i tuoi fan più accaniti - riesci sempre a mandare in corto circuito le contraddizioni del nostro illusionistico, contorto mondo occidentale che riesce a ritenersi superiore anche mentre condanna il razzismo.»

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Se l’intenzione di Massimo Fini era quella di mandare in black out la coerenza e la credibilità di alcuni – ma, soprattutto, di alcune – tra coloro che si ritengono depositari(e) del verbo liberale, ebbene è riuscito pienamente nel suo intento.
Massimo Fini
Chi si inerpica sul totem della “libertà” come fosse un albero della cuccagna e poi pretende di imporre quell’ascesa al resto del mondo a suon di cannonate e calcioni nel sedere ha fatto, nella circostanza, la penosa e barbina figura che ben si merita chiunque straparla di “liberalismo” senza sapere neanche di cosa stia parlando.
«Imporre la libertà»!
Già che ci si soffermi a ragionare su un ossimoro di queste fenomenali proporzioni ci sarebbe da rotolarsi dalle risate e spernacchiare impietosamente chi se ne riempie la bocca; Massimo Fini assolve, normalmente, questa funzione di spernacchiatore pubblico della tragicomica, allucinata presunzione occidentale di fare della libertà un dogma (pure globale).
Stavolta a cadere nella trappola delle sue provocazioni è stato un pool di femmine rampanti che, non perdonando a Fini di mettere in discussione la “libertà della donna” misurata su quell’impositivo metro occidentale, hanno pensato bene di denunciarlo per reato d’opinione.
Proprio così, reato d’opinione invocato dalle alfiere (presunte, molto presunte) del liberalismo.
Ancora risate, benché ci sarebbe ben poco da ridere intorno a tanta pochezza intellettuale.
Il Mullah Omar
La pubblicazione della biografia sulla vita del Mullah Omar – afgano e talebano – è, infatti, solo il pretesto per la femminea levata di scudi.
Ecco uno stralcio del testo,integralmente leggibile a questo link, che giustificherebbe l’incriminazione per eresia del giornalista:
“Quando si arriva a dire che il burqa è «dignitoso», e che le «afghane non hanno rinunciato» ad indossarlo, quando si contrappone all’oppressione del fondamentalismo l’immagine libera delle donne occidentali, insultandole come quelle che «sculettano in tanga», non bastano neanche le scuse. Le scuse peraltro non arrivano, anzi domina un pericoloso autocompiacimento. A noi non piace la censura e amiamo la libertà d’espressione, ma ancor meno ci piace l’elogio del terrorismo e dell’oppressione della donna, tanto più in tempi così incerti e rischiosi. Perciò non ci tiriamo indietro, in difesa della dignità delle donne, dei nostri caduti, di un popolo intero e del ricordo di chi, per essersi ribellato, oggi non c’è più. Siamo certi che molti altri seguiranno la nostra iniziativa. Abbiamo dunque conferito incarico ai nostro legali di promuovere le pertinenti azioni giudiziarie, nei confronti dell’autore del libro Il Mullah Omar, Massimo Fini. Sarà promossa azione giudiziaria in sede civile e penale.”

A promuovere questa pulizia etnica del pensiero sono la giornalista Maria Giovanna Maglie, la deputata Souad Sbai ed altre donne impegnate nella promozione di sé stesse.
Dunque, ricapitoliamo: viva la libertà ma alle nostre condizioni e per chi non si adegua sono guai.
A nessuno è concesso dissentire dal dogma e che i suoi libri siano mandati al rogo.
Davvero la quintessenza del pensiero liberale.
Bravo Fini, comunque la si voglia pensare su di te - ed io non sono tra i tuoi fan più accaniti - riesci sempre a mandare in corto circuito le contraddizioni del nostro illusionistico, contorto mondo occidentale che riesce a ritenersi superiore anche mentre condanna il razzismo.
Figuriamoci.



Per chi volesse approfondire la querelle dei giorni scorsi, ecco alcuni link sulla questione:
Tutti pazzi per il Mullah Omar - Mughini
La risposta di Massimo Fini
Tu stai con i terroristi - Borgonovo
La seconda risposta di Massimo Fini
Non sono una talebana (??? n.d.r.) - Maglie