Contraddizioni viventi




«La mercificazione femminile è una sottomissione delle donne agli uomini.»

Proviamo ad indovinare chi lo ha detto.
Simone De Beauvoir, nel suo celebre libro “Il secondo sesso”?
Susan Brownmiller, nel suo celebre libro “Contro la nostra volontà. Uomini, donne e violenza sessuale”?
Andrea Dworkin e Catherine MacKinnon, che nei primi anni ottanta promossero massicce campagne antipornografia?
Concita De Gregorio, che strepita sul tema a giorni alterni?

In realtà a profferire questo verbo al popolo, nei giorni scorsi, è stata nientemeno che tale Bianca Balti, di professione commerciante del proprio corpo e della propria immagine, meglio nota tra i cultori di frivolezze come l'anti-Belen.
O meglio, nota al grande pubblico come quella che ha sostituito la velina Belen nelle pubblicità della Tim (e non certo alla Sorbona, per capirsi).
Di che parla l'impavida commerciante?
Non è ben chiaro, visto che - stando a quanto riporta il Giornale - avrebbe già posato nuda per Playboy, per il calendario Pirelli e recitato nel film scandalo "Go Go Tales"; insomma, commerciandosi tutto sommato abbastanza bene, almeno sinora, a livello mediatico.
Non veniteci a raccontare che posare nuda per i giornali o per il cinema ed esibirsi in ruoli estetici per la pubblicità non significa "mercificare il proprio corpo".
Sarebbe almeno comico, per non dire altro, sentirsi dire che quelle che posano nude lo fanno per mettere in mostra le proprie capacità intellettuali o morali o artistiche.
Significa solo vendere la propria immagine e credo che neanche la Balti sarebbe in grado di arrivare a fare affermazioni contrarie, che risulterebbero oggettivamente fuori dalla realtà anche per una come lei.
Invece a Vanity Fair, a quanto sembra, l'hanno presa molto sul serio e non hanno rilevato alcuna anomalia logica da sottoporre ad un qualche riesame di senso, di coerenza o di banale verosimiglianza.
«Recitare o farmi fotografare nuda - avrebbe detto in un'intervista la tipa - non mi crea problemi, io vivo in totale armonia con il mio corpo e stare davanti alla macchina fotografica mi viene naturale...»
Sicché, forte delle sue smaccate contraddizioni comportamentali - che del resto, nella loro apparente immunità da obiezioni di qualche tipo, non le comportano alcun disagio personale effettivo - la tizia è riuscita persino a scendere in piazza nell'ormai leggendaria manifestazione del 13 febbraio ed a trovarsi decisamente a proprio agio in quel vittimistico contesto.
Bianca Balti vista da dietro
Sì, anche lei - per paradossale che possa essere - è andata a reclamare pubblicamente contro la mercificazione del corpo delle donne. Anche lei ha rivendicato il grottesco diritto di fare la morale al mondo.
Stupefacente.
E' anche evidente che la Balti non era che una delle infinite contraddizioni di quell'iniziativa; e, in questo senso, non può essere di certo considerata un'anomalia, visto che era il tutto ad essere un'anomalia generalizzata.

Nel tentativo di riunire i lembi logici slabbrati della questione ci sarebbe da chiederle se, allora, dietro alla mercificazione che lei stessa fa del suo corpo non ci sia il segreto bisogno o desiderio inconfessato di sentirsi "sottomessa agli uomini".
Con ciò si sanerebbe un'evidente illogicità, pur evidenziandosi problematiche di altra e diversa natura.
Ma anche in tal caso rimarrebbe il dubbio sulla discutibilissima coerenza tra l'inconfessato desiderio di sottomissione e la partecipazione ad iniziative politiche che volevano essere una condanna, per quanto sgangherata ed incoerente, di quella sottomissione.
Insomma, come la giri la giri, la Balti dice delle monumentali e contraddittorie sciocchezze che nessuno rileva come tali; tranne il Giornale che, però, lo fa per motivi strettamente politici.
Inoltre, di quello che va dicendo la Balti in realtà non frega niente a nessuno, perché in fondo ciò che lei propone di sé stessa non sono certo le doti intellettuali.
Pur rimanendone eventualmente priva lei vivrebbe ancora di gran lusso per tutte le altre qualità che va mettendo a frutto e che possiamo apprezzare nella breve galleria fotografica.
Bianca Balti vista di fianco
C'è da spiegarlo?
Allora il vero problema non è la Balti o le innumerevoli "similbalti" che popolano il nostro mondo, raccontandosi e raccontando scemenze sul corpo delle donne, sulla sottomissione, sugli sfruttamenti maschili, sulla vittimologia femminile ed altre amenità dozzinalmente raccontate in materia.
In fondo la Balti non fa altro che pappagallare quello che ha sentito in giro prendendolo per buono, senza soffermarsi a ragionare sulla coerenza tra detto e fatto, tra essere ed apparire; ossia, senza soffermarsi a ragionare su sé stessa.
Il vero problema sta in quello slogan iniziale - «La mercificazione femminile è una sottomissione delle donne agli uomini» - che non è farina del sacco di una velina o di un'attricetta ma un virus concettuale inoculato da quelle intellettuali - insieme a molte altre - che sono state ricordate nell'indovinello d'apertura.
Il vero problema sono quelle cattive maestre del femminismo storico e contemporaneo che continuano a costruire teorie prive di fondamento e riscontro con la realtà, arrivando ad erigere «contraddizioni viventi» come le bianchebalti di cui sopra.
Ed arrivando ad avvelenare la stessa percezione che tante donne hanno di sé stesse, sino allo scollamento evidente e farsesco con la realtà.
Certo, una qualunque biancabalti non incorrerà in nessun disagio personale per questo motivo, anzi, tutt'altro; ed anche questo è parte di un problema più grande di qualunque biancabalti di questo mondo che, dal canto suo, naviga gaia e felice nelle proprie contraddizioni come una papera nello stagno.
I problemi restano agli altri.