Per il padre - il documento che non sottoscrivo

Contro le aggressioni sistematiche del femminismo e contro la sua misandria elevata a valore sociale non ci sono ecumenismi che tengano, come dimostra il fatto che ci si è ridotti a fare appelli per la figura del padre, neanche fosse una specie in via d'estinzione perseguitata dai bracconieri.

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Claudio Risé è personalità che non necessita di particolari e prolungate presentazioni.

Claudio Risé
E' pubblicamente nota tanto la sua autorevolezza intellettuale espressa nel giornalismo e nella saggistica, quanto il suo ormai tradizionale (si potrebbe dire) impegno in difesa della figura paterna, essendo stato tra i primi a denunciare la problematica del "padre assente" nelle dinamiche affettive ed educative della famiglia, da lui portata all'attenzione dell'opinione pubblica negli anni mediante libri, articoli ed interviste, forte anche delle competenze maturate come psicanalista.
In questo quadro di specifico interesse, sua anche una recente iniziativa/manifesto denominata "Per il padre!", un appello a forze politiche e società civile il cui testo ufficiale, pubblicato sul suo blog nella forma del comunicato stampa, può essere liberamente sottoscritto da chiunque ne condivida le forme e gli scopi.
Ad oggi l'elenco dei partecipanti all'iniziativa è ampio ed autorevole, debitamente suddiviso per settore sociale di provenienza (giornalisti, avvocati, medici, etc.) e per aggregazioni associative di varia natura (padri separati, movimenti maschili, d'opinione ed altri).
Fatta la debita segnalazione per i lettori che non ne fossero a conoscenza - ed invitandoli, contestualmente, a prendere visione del documento per un'eventuale adesione personale - mi preme evidenziare i motivi per i quali non sottoscrivo questa iniziativa che, pure, a prima vista sembra coniugarsi con le tematiche generali della questione maschile ed andare nella direzione voluta.

In breve i motivi del dissenso.
Nell'incipit del documento si legge che «la figura del padre è stata in Occidente separata dalle sue funzioni educative e sociali».
Un'affermazione forte, che intende porre all'attenzione uno stato delle cose generalizzato ma anche gravido di interrogativi irrisolti: chi ha separato il padre dalle sue funzioni educative e sociali? perché lo ha fatto? in che modo c'è riuscito o riuscita? perché i padri si sono lasciati separare dal proprio ruolo senza reazione?
Naturalmente il breve comunicato stampa non affronta la complessità delle questioni sottese, limitandosi a registrare il dato di fatto per cercare di porvi rimedio in chiave esortativa; l'invito è, infatti, ad «avviare una riflessione collettiva che equipari realmente la dignità della donna e dell'uomo nella procreazione, a garanzia della vita, della famiglia e della società».
Scorrendo il documento, inoltre, si incontra per ben quattro volte nelle 18 righe del testo il termine «responsabilità», sempre riferito alla figura paterna ed alle sue funzioni, senza incontrare mai, neanche per una volta, quella parola che della responsabilità - ossia, del sistema di obblighi e doveri connaturati alla funzione - dovrebbe essere l'interfaccia in positivo, il corrispettivo in entrata e non solo in uscita: la parola «diritto».
Eppure noi sappiamo (perché lo sappiamo tutti benissimo) che ciò di cui il padre è stato spogliato e spodestato nella sua funzione all'interno del matrimonio - perché di questo si tratta - è esattamente la sfera dei diritti, essendogli rimasti, come residuato, solo il capitolo dei doveri e delle responsabilità.
Un affievolimento prossimo all'azzeramento delle sue aspettative di tutela giuridica, a fronte di un aggravio delle responsabilità che tali rimangono, a contratto matrimoniale sottoscritto, spesso vita natural durante.
Ce lo dice il diritto di famiglia, la prassi giudiziaria delle separazioni e dei divorzi, l'assenza di voce in capitolo sulle questioni dell'aborto; ce lo dicono gli obblighi del mantenimento, della cessione dell'usufrutto dell'abitazione coniugale; ce lo dice l'impossibilità del disconoscimento paterno a fronte del "parto anonimo" - ossia della facoltà di disconoscimento materno alla nascita - e si potrebbe proseguire in un'elencazione che prevede la spoliazione sistematica del padre di qualsivoglia diritto prevalente sulla madre, sia in costanza di matrimonio, sia in caso di separazione.
L'appello di Risé fa, invece, riferimento al piano psicologico delle responsabilità paterne, come se queste non fossero già sufficienti o eccessive, ignorando completamente il piano del diritto e dei diritti.
In ultimo, in una sorta di singolare "cerchiobottismo", il richiamo alla tutela «dell'interesse e della volontà della donna», come se non fossero queste le istanze oggi prevalenti ed il principale ostacolo ai "diritti maschili" negati.
Si potrà anche obiettare che non è in un comunicato stampa che si devono andare a cercare le tracce di una riflessione più ampia su cause, motivi e rimedi di una situazione di squilibrio radicata nella legislazione vigente e nella prassi quotidiana del c.d. "diritto vivente".
E' altrettanto plausibile, tuttavia, che se io volessi lanciare un appello per la tutela di una qualche categoria sociale «espulsa» - per utilizzare lo stesso termine del documento - da processi di partecipazione, utilizzerei ben altra terminologia per definire la condizione di sacrificio a cui quella categoria è sottoposta e introdurrei qualche riferimento alla dimensione politica del problema sollevato.
Il tentativo di non scontentare nessuno, quantomeno nella sede dell'avvio dell'iniziativa, può essere un'altra spiegazione possibile per una proposta che vorrebbe andare verso un'inversione di tendenza nel sentire comune.
Peraltro, lo sforzo di essere ecumenici ed inclusivi si scontra fatalmente con i contrastanti interessi concreti delle parti in causa - uomini e donne - e con i valori specifici degli uni e delle altre; una parte di quegli interessi, solo quello per ora, ha un nome definito che risponde alla nota etichetta di «femminismo».
Contro le aggressioni sistematiche del femminismo e contro la sua misandria elevata a valore sociale non ci sono ecumenismi che tengano, come dimostra il fatto che ci si è ridotti a fare appelli per la figura del padre, neanche fosse una specie in via d'estinzione perseguitata dai bracconieri.
Bene farebbe Risé, una volta tanto, a prendere posizione su questo tema, anche nei limiti di un comunicato stampa.
Per quel poco che vale non firmerò, quindi, l'appello in questione, pur condividendo la battaglia civile in favore della figura paterna e contro i suoi nemici e le sue nemiche.