Identità collettive – il “donnismo” – seconda parte

La folla psicologica



Come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo, la forma di comportamento che caratterizza una parte assai rilevante, se non maggioritaria, del mondo femminile contemporaneo si qualifica nei termini dell’identificazione collettiva in un “noi” generalizzato e uniformante; quello che, per sintetizzare, abbiamo definito il “donnismo”.
Rinviando con le note a piè di pagina alcune delle citazioni dell’Autore, per non appesantire la lettura, può risultare utile alla comprensione e all’analisi di questo fenomeno rifarsi alle originarie spiegazioni di questo “noi generalizzato” – di questa identificazione del singolo con il tutto - che Gustav Le Bon ci ha consegnato con il suo “Psicologia della folla”, pubblicato nel lontano 1895; testo con il quale sostanzialmente prese le mosse il filone di ricerca scientifica della psicologia sociale.
L’oggetto di studio di questa disciplina – tanto nelle formulazioni originarie e pionieristiche dell’Autore, quanto negli sviluppi successivi – si differenzia da materie affini come la sociologia, l’antropologia culturale e la psicologia dell’individuo, in quanto pone al centro delle proprie ricerche la dimensione propriamente emotiva delle appartenenze sociali, invece delle forme razionalmente normate attraverso cui esse si istituzionalizzano andando a costituire il sistema strutturato della società (lingua, etnìa, cittadinanza, classi, gruppi etc.) o, come nel caso della psicologia generale, dei processi di formazione (e deformazione) della personalità soggettiva.
Specifiche ricerche, anche di tipo sperimentale, saranno condotte - nei decenni successivi a Le Bon, sino ai nostri giorni – sulla fenomenologia del consenso, del conformismo, dei fattori di condizionamento sull’individuo da parte dei gruppi organizzati di pressione, delle intolleranze sociali, delle leadership e delle militanze; anche, quindi, se non soprattutto, delle “identità collettive” e della loro funzione nei mutamenti sociali.

La parte che propriamente ci interessa della trattazione di Le Bon – opera che, evidentemente, va contestualizzata all’epoca di appartenenza quanto a strumenti verbali e metodologici – è quella che descrive il carattere irrazionale, conservatore, dogmatico e manipolabile dell’identità collettiva (“anima collettiva”, lui la definisce), con un’attualità ed una rispondenza ai fatti storici successivi alla pubblicazione del libro che risultano, anche ad una rilettura attuale, sorprendenti se non, addirittura, profetici.
L’Autore è consapevole (siamo nel 1895!) della crescente importanza dell’opinione pubblica – la “folla” nel lessico del tempo (2) – ma la distingue dall’identità collettiva nei termini seguenti: “In talune circostanze prestabilite, e soltanto in tali circostanze, un agglomeramento di uomini possiede caratteri nuovi, molto diversi da quelli degli individui di cui esso si compone. La personalità cosciente svanisce, i sentimenti e le idee di tutte le unità sono orientate in una stessa direzione. Si forma un'anima collettiva, senza dubbio passeggera, ma che presenta ben precisi caratteri. La collettività diventa allora ciò che, per mancanza di una migliore espressione, io chiamerei una folla organizzata, o, se lo preferite, una folla psicologica.”
Bisogna tenere presente che Le Bon non si riferisce agli isterismi di piazza – per quanto anche quelli possono essere ricompresi in questa definizione – ma a qualunque tipo di aggregazione sociale intorno ad un’idea, ad una dottrina o ad una condizione sociale condivisa che interessa una comunità definita (3).
L’individuo che si identifica nella folla psicologica (4) può retrocedere dalla sfera del raziocino a quella della semplice irrazionalità emotiva e – perdendo la propria individualità (5) – può lasciarsi guidare dalla potenza immaginifica delle suggestioni, può subire il contagio emotivo degli altri aderenti, può essere disposto a negare la realtà dei fatti o la contraddittorietà delle proprie tesi (6), può rendersi, insomma, strumento passivo ed acritico dell’interesse collettivo arrivando, in tal modo, anche a perdere il contatto con la realtà (7).
Scrive al riguardo l’Autore: “Le folle non hanno mai avuto sete di verità. Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano da un'altra parte, preferendo deificare l'errore, se questo le seduce…. Chi sa illuderle, può facilmente diventare loro padrone, chi tenta di disilluderle é sempre loro vittima.”
Perché un ideale trovi radicamento in una folla (opinione pubblica) arrivando a definire un’identità collettiva serve, dice Le Bon (8), che esso sia affermato (affermazione), che sia ripetuto in maniera prolungata e sistematica (ripetizione) e che il contagio emotivo si propaghi tra gli aderenti (contagio); com’è noto, questa tecnica di persuasione verrà osservata, constatata e studiata in tutto il secolo seguente, sotto il titolo di “propaganda”, nei tragici movimenti di massa delle ideologie totalitarie (comunismi e fascismi).
Un ulteriore elemento di interesse nella trattazione, per i nostri scopi, è il carattere dogmatico dell’identità collettiva (9). Scrive al riguardo l’Autore: “Le convinzioni delle folle hanno quei caratteri di sottomissione cieca, di intolleranza feroce, di bisogno di propaganda violenta inerenti al sentimento religioso; si può quindi dire che tutte le loro credenze hanno una forma religiosa.“ (10)
Per avvalorare il senso di questo problema (12) riportandolo, tuttavia, ad una dimensione più attuale, vale ricordare quanto recentemente sostenuto al riguardo dallo storico Eric Hobsbawm – autore del noto saggio “Il secolo breve” – il quale ha messo in chiara evidenza come le identità collettive si definiscono innanzitutto negativamente, cioè contro gli altri.
Naturalmente sarebbe di sicuro interesse esaminare, ancora più approfonditamente, le teorie con le quali Le Bon propone la sua chiave di lettura dei fatti sociali; questo, tuttavia, ci allontanerebbe in maniera eccessiva dall'oggetto specifico della nostra riflessione a cui, per agilità di lettura, torneremo con un prossimo articolo.
Nella terza ed ultima parte metteremo, infatti, in relazione la prima parte con la seconda, arrivando anche ad esaminare l’ultimo elemento propostoci da Le Bon – in quanto, forse, il più significativo tra gli altri – ossia, il carattere intimamente conservatore dell’identità collettiva, nonostante le apparenze contrarie, con particolare riferimento a quella femminile che, qui, abbiamo definito “donnismo”.


Note:
1) “Su quali idee fondamentali si edificheranno le società che seguiranno alla nostra ? Lo ignoriamo ancora. Ma, fin da ora, si può prevedere che, nella loro organizzazione, esse avranno a che fare con una nuova potenza, ultima sovrana dell'età moderna: la potenza delle folle….
.…. L'epoca in cui entriamo, sarà veramente l' Era delle folle.”

2) "In certe ore della storia, una mezza dozzina di uomini possono costituire una folla psicologica, mentre centinaia di individui riuniti accidentalmente potranno non costituirla. D'altra parte, un intero popolo, senza che vi sia agglomerazione visibile, diventa talvolta folla sotto l'azione di questa o quella influenza."

3) "….annullamento della personalità cosciente, predominio della personalità incosciente, orientamento per via della suggestione e di contagio dei sentimenti e delle idee in un medesimo senso, tendenza a trasformare immediatamente in atti le idee suggerite: tali sono i principali caratteri dell'individuo nella folla."

4) "...nell'anima collettiva, le attitudini intellettuali degli uomini, e per conseguenza la loro individualità, si cancellano."

5) "…le folle non sono influenzabili coi ragionamenti, e non comprendono che grossolane associazioni di idee. Gli oratori che sanno impressionarle, non fanno mai appello alla loro ragione, ma ai loro sentimenti….. Essendo le illusioni indispensabili ai popoli, questi si volgono per istinto come l'insetto che va verso la luce, verso i retori che gliele offrono. Il grande fattore dell'evoluzione dei popoli non é mai stato la verità, bensì l'errore."

6) "..non sono i fatti in sé che colpiscono l'immaginazione popolare, bensì il modo come si presentano. Questi fatti devono condensarsi, se posso esprimermi così, in modo da produrre un'immagine impressionante che occupi e opprima lo spirito. Conoscere l'arte di impressionare l'immaginazione delle folle, vuol dire conoscere l'arte di governarle."

7) "Quando un'affermazione é stata sufficientemente ripetuta, con unanimità nella ripetizione, come capita in certe imprese finanziarie, si forma ciò che si chiama una corrente d'opinioni e il potente meccanismo del contagio interviene…
Il contagio non esige la presenza simultanea di individui in uno stesso luogo; esso può verificarsi a distanza, sotto l'influenza di certi avvenimenti che orientano gli spiriti nello stesso senso…
Il contagio é abbastanza potente per imporre agli uomini non soltanto certe opinioni, ma anche certi modi di sentire….
Le opinioni e le credenze si propagano bene per mezzo del contagio, e pochissimo per mezzo del ragionamento…."

8) "Esaminando da vicino le convinzioni delle folle, tanto nei movimenti religiosi quanto nei sollevamenti politici, come quelli dell'ultimo secolo, si può constatare che queste convinzioni presentano sempre una forma speciale, che non possono determinarsi meglio di così: dando loro il nome di sentimento religioso. Che un tale sentimento sia rivolto a un Dio invisibile, a un idolo di pietra, a un eroe o a un'idea politica, resta sempre essenzialmente religioso."

9) “Le credenze politiche, divine e sociali si radicano nelle folle soltanto quando rivestono forma religiosa, che le mette al sicuro da ogni discussione. L'ateismo, se fosse possibile farlo accettare alle folle, avrebbe tutto l'ardore intollerante di un sentimento religioso, e, nelle sue forme esteriori, diventerebbe presto un culto.” E’ interessante notare quanto questa definizione sia tanto “vera” ed attuale, laddove si consideri, ad esempio, il carattere intimamente fideistico del laicismo contemporaneo che, pur non disponendo di maggiori prove scientifiche di quante ne disponga un sacerdote, arriva a proclamare l’inesistenza di Dio con identica convinzione dogmatica con la quale quest’ultimo ne proclama l’esistenza. (n.d.r.)

10) "Le folle, non conoscendo che i sentimenti semplici ed estremi, accettano e rifiutano in blocco le opinioni, le idee, le credenze che vengono suggerite loro, e le considerano come verità assolute o come errori non meno assoluti."

11 ) “Il Secolo breve è stato un'epoca di guerre religiose, anche se le religioni più militanti e assetate di sangue sono state le ideologie laiche affermatesi nell'Ottocento, cioè il socialismo e il nazionalismo, i cui idoli erano astrazioni oppure uomini politici venerati come divinità.”