Sul tema dell'aborto

Sono letteralmente incessanti gli spunti che, navigando sul web, si trovano in ordine alla questione maschile ed alle sue diverse sfaccettature, tanto da rendere quasi quotidiano l'aggiornamento delle tematiche.
Tra questi non può mancare il tema etico dell'aborto che, proprio in questi giorni, riprende quota a seguito delle parole del neo-governatore piemontese Cota e di quelle espresse, proprio nelle ultime ore, da Papa Benedetto XVI°.
Riporto, ad ogni modo, la posizione di una utente del sito Libertiamo.it sull'argomento, che mi sembra riassuma, in modo paradigmatico, una questione per altro verso completamente aperta.

Scrive la lettrice:
Io penso che ogni donna debba poter decidere se portare avanti una gravidanza oppure no – debba poter decidere, cioè, non solo di quello che avviene nel proprio corpo, ma anche di come organizzare la propria esistenza.
L'affermazione sembrerebbe incontestabile in quanto emanazione di quel principio di "libertà di scelta" che si radica, quale valore insopprimibile ed universalmente accolto, nell'ethos del mondo contemporaneo.
Dico "sembrerebbe" perché, a ben guardare, quella libertà di scelta non riguarda, individualisticamente, una persona sola: "ogni donna", scrive la lettrice, individualmente presa.

Riguarda anche altri, primo dei quali un nascituro, che di "libertà di scelta" non ne possiede affatto.
Riguarda anche il progenitore di quel nascituro, il padre biologico, che di "libertà di scelta" non ne possiede affatto.
Riguarda anche l'intera società che, a partire dall'entrata in vigore della legge 194, su quella "libertà di scelta" personalizzata ed attagliata alle priorità esistenziali della singola donna non può influire in alcun modo, tanto che il fenomeno del decremento demografico è sotto la preoccupata attenzione degli osservatori sociali.

Allora, forse, quella famigerata "libertà di scelta" potrebbe anche interpretarsi - in qualche modo - come un egocentrico "potere di vita e di morte" sulla vita nascente, un egocentrico potere decisionale sul destino familiare, un egocentrico potere di autodeterminazione personale sganciato da qualunque relazione di senso e di interazione con l'altro.

Ecco, come si può vedere, il fenomeno si presta, quantomeno, a letture diverse e tra loro contrapposte, con tutto il carico di considerazioni al traino che se ne possono ricavare - a cominciare dalle paternità negate o imposte per via giudiziaria - e che, proprio per la complessità e la sensibilità del tema, è opportuno proporre a piccole e misurate dosi.