Il marchio di Caino

La discussione nata intorno all'articolo precedente ha consentito di focalizzare nel senso di colpa manipolativamente indotto nel mondo degli uomini una delle cause, qui ritenuta fondamentale, della passività e del silenzio maschile sulla massiccia cifra di misandria che lo ha investito e lo investe ormai da decenni.
Costretto ad osservare il proprio "lato oscuro" all'indomani dei drammatici eventi del secolo scorso, l'uomo medio ha interiorizzato le dilettantistiche ed insensate diagnosi sulla natura maschile - ritenuta "prigioniera di un temperamento violento" e dedita alla sopraffazione sistematica - che, unitamente alla manipolazione femminista operata sullo stesso registro, ha impresso sulla sua figura e nella sua coscienza un "marchio di Caino" tale da minarne le certezze, violarne la dignità e privarlo dell'autorevolezza necessaria perché la sua autodifesa ottenga credibilità ed ascolto.
Questo quanto emerge dal contributo che Silver ha proposto al riguardo e che, con il suo consenso, qui si riproduce integralmente per l'evidenza che merita.

Caro Gibbì, mi intrometto nel discorso per dire la mia riguardo alla questione del senso di colpa, che a mio parere è stato progressivamente instillato nella mente di milioni di uomini occidentali, dalla fine della seconda guerra mondiale in poi.
Infatti, nel dopoguerra, l'aggressività umana era l'apparenza e la sostanza di ogni dibattitto fra psicologi, psichiatri, criminologi, etologi, ecc.
Con le camere a gas, le esecuzioni di massa e la distruzione programmata il comportamento umano aveva dato il peggio di sé.
Per di più, quando il mondo occidentale tirò le somme, una volta calmate le acque, non fu più possibile non tener conto delle efferatezze commesse nel cuore dell'Europa da parte di persone per altri versi civilizzate.
I paragoni con gli animali spuntavano da tutte le parti: si sosteneva che gli animali sono privi di inibizioni, che non hanno cultura, e che quindi doveva essere stato qualcosa di animale, qualcosa di presente nel nostro corredo genetico a infrangere la patina di civiltà e a mettere da parte ogni forma di decenza umana.
Questa "teoria della patina", come la chiamano alcuni scienziati, divenne un tema dominante della discussione post-bellica.
Nel profondo, noi uomini siamo violenti e amorali: una marea di libri popolari indagava questa questione sostenendo che abbiamo un'incontenibile spinta aggressiva che cerca uno sbocco nella guerra, nella violenza e nello sport.
Un'altra teoria sosteneva che la nostra aggressività è una cosa nuova, che siamo gli unici primati a uccidere i propri simili e che la nostra specie non aveva mai avuto il tempo di sviluppare le inibizioni appropriate e per questo non riusciamo a tenere sotto controllo il nostro istinto alla lotta come fanno invece i "predatori di professione", i lupi o i leoni.
Siamo prigionieri di un temperamento violento che non abbiamo gli strumenti per padroneggiare.
Non è difficile riconoscere in tutto questo il profilarsi di una razionalizzazione della violenza umana in generale e della Shoah in particolare, e il fatto che la voce più eminente dell'epoca parlasse tedesco non agevolò le cose.
L'austriaco Konrad Lorenz, esperto di pesci e oche rinomato in tutto il mondo, era il grande sostenitore dell'idea che l'aggressività, la violenza è scritta nei nostri geni.
Ammazzare divenne il marchio di Caino dell'uomo.
Al di là dell'Atlantico, una visione analoga veniva propagandata da Robert Ardrey, un giornalista americano che prendeva spunto dall'ipotesi che l'Australopithecus fosse un carnivoro che inghiottiva la sua preda viva, smembrandola pezzo per pezzo e dissetandosi col suo sangue ancora caldo.
Ricavata da studi relativi e poche ossa del cranio, era una ricostruzione piena di fantasia, ma Ardrey ne fece la base del suo mito dell'antropomorfa assassina.
Nel libro African Genesis ("L'istinto di uccidere: le origini e la natura animali dell'uomo"), ritrasse il nostro progenitore come un predatore mentalmente disturbato che sconvolgeva il precario equilibrio della natura.
Secondo la prosa demagogica di Ardrey "non discendiamo da angeli caduti, ma da scimmie antropomorfe che si sono raddrizzate e che erano delle assassine armate. E allora di cosa ci meravigliamo? Dei nostri omicidi, dei massacri, dei missili e dei nostri eserciti sempre in conflitto?".


In conclusione, la demagogia del marchio di Caino descrive negli uomini le pulsioni violente senza riconoscerne le capacità creative, costruttive e protettive.
Per dirla con Farrell, viene "...considerato progressista criticare i 'legislatori maschi' perché fanno la guerra, senza riconoscere loro il merito di avere creato la democrazia......(ed, inoltre, come ulteriore squilibrio valutativo)....il femminismo ha suggerito che Dio potrebbe essere una 'lei', ma non che anche il demonio potrebbe essere di sesso femminile".
L'opera di colpevolizzazione di massa ha prodotto i suoi effetti psico-sociali.
Gli uomini sono prigionieri nel proprio silenzio.