Vietato criticare le donne

E' storia dei giorni scorsi, quantomeno negli esiti giudiziari.
La Corte di Cassazione, definitivamente pronunciando su un procedimento avviatosi nel 2002 nei confronti di un giornalista e di un sindacalista, ha stabilito, con sentenza n. 10164 del 12 marzo scorso, che criticare una donna è reato.
I blasfemi indagati avevano osato sostenere, a suo tempo, che la direzione del carcere di Arienzo (CE) "sarebbe stata migliore (...se condotta...) al maschile".
Insomma, un uomo avrebbe saputo fare di meglio dell'allora direttrice, secondo l'opinione degli inquisiti; idea che era stata, almeno sino a quel momento, un'opinione libera.
Non è che la tizia sia stata descritta, nella circostanza, come un'incapace, o come "un tarlo" o come una "deficiente", per fare solo alcuni esempi.
No, solo un'opinione soggettiva sull'opportunità o meno di una gestione al femminile di un luogo di detenzione maschile, riportata sulla stampa senza tanti fronzoli.

Apriti cielo.
"È stata una battaglia per tutelare la mia dignità di donna e le capacità professionali delle persone e per non far passare il concetto della mera discriminazione sessuale. È una questione di persone, non c'entra essere uomo o donna. Nel lavoro una persona o è capace o non lo è. La bravura non dipende dal genere ma dalla sensibilità, dalla cultura, e dall'elasticità mentale. Sono soddisfatta perché è stato riconosciuto il diritto al rispetto della dignità personale e professionale" - si legge nell'articolo del Corriere linkato sull'argomento.

Anche A. De Nicola sul Sole 24ore di ieri constata, sul merito generale della vicenda giudiziaria, che "....dietro i paroloni non c'è niente se non un inchino retorico al politicamente corretto. E qui non si tratta di maschilismo (...........) ma del semplice fatto che le idee sbagliate e anche le corbellerie non vanno condannate penalmente ma nell'arena del confronto. Quando lo stato e i suoi servitori, i giudici, pretendono di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato pensare, sempre ammesso che non si inciti alla violenza o non si incorra nella calunnia, gli esiti possono essere imprevedibili....."

In questa sede il medesimo concetto è stato espresso in termini non molto diversi.

Ma, ormai, il danno è stato fatto, nel tripudio delle forze c.d. progressiste, della ministra Carfagna e di coloro che ritengono necessario "educare" il mondo intero ad un pensiero unico e conforme.

Non starò, comunque, a tirarla tanto per le lunghe, tanto in quanto ognuno ricaverà da questi fatti esattamente quello che vuole ricavare.

Mi aspetterei, però, che per semplice coerenza, il principio giuridico invocato trovasse analoga applicazione anche nei confronti della Littizzetto la quale, ad esempio, sostiene che "quando ci sarà una donna incapace alla guida di un posto importante, allora avremo raggiunto la parità".
Oppure della baldanzosa Carla Signoris, la quale "signoreggia" gli uomini tutti scrivendo un intero libro dal significativo titolo: "Ho sposato un deficiente. Dietro ogni uomo c'è sempre una donna che alza gli occhi al cielo", i cui contenuti dovrebbero considerarsi evidentemente "diffamatori" verso gli uomini, nel senso acclarato dagli ermellini della Cassazione, come può desumersi anche solo da questa recensione pubblicata su  libreriauniversitaria.it.
".......quante volte vi sarà scappato di dire: "Premetto che amo mio marito, ma..."? Spesso avete lasciato il discorso in sospeso, limitandovi a sbuffare. Niente di più sbagliato! Dietro quel ma si nasconde un pericoloso concentrato di quotidianità che, col passare del tempo, farà esplodere le vene pulsanti che vi decorano le tempie. Per disinnescare questo potenziale esplosivo, Carla Signoris consiglia una terapia semplice quanto efficace: non fermatevi al ma! Immobilizzate il corpaccione della vostra metà e procedete con la dissezione. Rinfacciategli le sue mille richieste in cucina, gli sfinenti paragoni con vostra suocera, gli infiniti "perché lo fai così?" gli insopportabili "ti stai lasciando andare...", la sua presunta maturità, il suo non-senso degli affari e il girovita fuori controllo. Un solo obiettivo: metterlo di fronte alla sua ineluttabile condizione di maschio deficitario. Non fa differenza che sia alto o basso, biondo o moro, malinconico o mattacchione. Accettate questa dolorosa realtà: avete sposato un deficiente. Niente paura, le sue deficienze non impediranno una sana vita di coppia, anzi... l'importante è fargliele ammettere. Ma non infierite. Ricordatevi sempre che non ha colpa: non ha scelto lui di nascere maschio."

Diffamatorio criticare un uomo in quanto tale?
Manco per niente.

Queste critiche, irrancidite dalla denigrazione fine a sé stessa e dalla derisione irrispettosa a tutto campo, non hanno bisogno neanche di essere relative ad una funzione, ad un ruolo o ad un incarico.
Funzionano bene anche sul generico, basta che facciano ridere e diminuiscano, in qualunque modo, la figura maschile.
Irridere, farsi beffe e denigrare il mondo degli uomini è la prassi corrente.
Il solo e semplice dubbio sull'idoneità femminile a ricoprire certi ruoli, invece, è da considerarsi sacrilegio; la libertà d'opinione e d'espressione in tale materia deve essere repressa per via giudiziaria.

Il diritto di criticare le donne è stato abolito.
Rovesciare fango sugli uomini, invece, è una merce che continua a vendere alla grande.....senza sconti per nessuno.

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