Il corretto stile di vita





Desta inquietudine e sgomento scoprire, al rientro dalle vacanze, che il governo dei professori va incalzando il Parlamento per introdurre discipline finalizzate ad uniformare «il corretto stile di vita» dei cittadini verso un modello unico e conclusivo.
Queste le precise parole utilizzate dal Ministro Balduzzi: «il corretto stile di vita».
Va premesso, però e prima di tutto il resto, che il vento del moralismo salutista investe l'intero mondo occidentalizzato e detta tendenze rigorose su scala planetaria.
Qualche giorno fa è arrivata la notizia che la Nuova Zelanda va imponendo, per legge, il divieto di fumo ai minori di diciotto anni, seppure con ritardo rispetto ai salutisti più intransigenti. Infatti, in America i fumatori di tutte le età pare siano stati messi all’indice ormai da diverso tempo, a differenza dei cocainomani e degli alcolizzati che, invece, sono tollerati di buon grado in tutto il nuovo mondo e anche oltre; nei film americani è normale ci siano personaggi dediti alle droghe ed alle sbronze ma è vivamente sconsigliato - se non espressamente proibito - proporre sul grande schermo protagonisti con la sigaretta in mano.
Perbenismo contemporaneo, stupido come tutti i perbenismi.
In Francia le bevande gassate sono state tassate poco tempo fa, per la salute e la gioia sociale di grandi e piccini.
In Messico, tanto per restare in tema, sembra che i ciccioni paghino il prezzo del biglietto maggiorato sui trasporti pubblici, perché così imparino a scofanarsi di fetide calorie.
Sono ormai numerosi, ancora, i paesi che impongono caschetti protettivi per andare in bicicletta, sugli sci, sui pattini, sulle moto, sui sidecar e - last but not least - c'è chi li vorrebbe anche all'interno delle macchine per maggiore protezione.
Che dire poi dei vegetariani, diffusi come un morbo, che predicano una religione pagana della sacralità della vita animale, dimenticando che molte di queste specie sono carnivori come noi umani? Faranno diventare erbivori anche loro?
E così facendo, su questo sentiero folle, la strada del salutismo coatto collettivo è ben tracciata a tutte le latitudini e a noi non resta che seguire come pecore mansuete la retta via tracciata da altri che non si sa mai chi sono.
Per non rimanere indietro rispetto a tanto progresso mondiale che avanza a falcate ampie, il nostro governo ha quindi passato l’estate a studiare inasprimenti fiscali specificamente mirati sui consumi di prodotti che “fanno male alla salute": tabacco, alcol, bibite zuccherate eccetera.
E' il bentornato governativo dalle vacanze.
Con la stessa logica, a breve, potremmo ritrovarci una sovrattassa pedagogica sul lardo di Colonnata o sulla finocchiona toscana; ma sempre per il nostro bene, ovviamente, e magari in prossimità del Natale, 'che il consumo è più confacente al clima e comunque bisogna essere più sani e più buoni.
Non basta così però.
Si vanno anche discutendo, proprio in questi giorni, misure per rieducare le persone dedite al gioco delle slot-machine, in quanto presuntivamene affette da una sindrome tutta nuova, appassionatamente ideata da qualche pseudo-scienziato della psiche per proiettarci con la "giusta" paura di noi stessi nel nuovo millennio: la ludopatia, l'hanno intitolata, il demone del gioco.
Ad ogni buon conto, per non sbagliarsi si discetta tecnicamente anche sulla "corretta" distanza di sicurezza psicologica delle sale giochi da scuole, Chiese, centri anziani ed ospedali; si sa che prevenire le tentazioni è meglio che curare il peccato.
Sui carburanti - quei prodotti altrettanto demoniaci derivati dal petrolio, che inquinano l’aria per l’inutile e dannoso carosello della mobilità su gomma – si è abbattuto l’ennesimo colpo di scure delle accise proprio in concomitanza con gli esodi ed i controesodi estivi. Un salasso - ma con un ritorno di buona salute, dicono alcuni - come quello dei cerusici medievali, fatto con le sanguisughe.
Il risultato è che ad andare in vacanza sono rimasti in pochi, con buona pace dell'industria turistica, della ripresa dei consumi interni e dello sviluppo economico che, a queste condizioni, non è davvero sostenibile da nessuno, ambiente e ambientalisti sciroccati a parte.
A Taranto, sempre in tema d'ambientalismo, un’iniziativa della magistratura (e dei sindacati) sta infine mettendo a repentaglio la produzione dell’acciaio – e con essa tutti i relativi posti di lavoro, nell’ordine delle migliaia – perché le polveri disperse delle lavorazioni inquinano e fanno male; quindi, il diritto alla salute precede e prevale sul diritto alla sopravvivenza alimentare.
Meglio crepare di fame ma senza malattie sulla coscienza; questo il principio etico di fondo adottato dai custodi del nostro sacralizzato e socializzato benessere collettivo.
Una cuccagna salutista dietro l’altra, insomma, in linea con l’Europa e il mondo civilizzato dell’occidente post-umano, nel quale un'imprecisata congrega di cervelloni si è presa la briga di dettarci «il corretto stile di vita» a cui, volenti o nolenti, ci dovremmo uniformare poco per volta.
La Grande Mamma dei poteri pubblici, solerte e desiderosa di potersi rendere utile a tutti con le proprie apprensioni appiccicose, non poteva che fregarsi le mani davanti a tanta prospettiva di potere sui propri figli/sudditi; sicché è piena di preoccupazioni ansiose per quei poveri cittadini che non sanno quello che fanno, che si crogiolano irresponsabilmente nei propri vizi insalubri, che non mettono la maglia di lana come detta il regolamento interministeriale del «corretto stile di vita».
Come potremmo fare senza qualcuno che pensi al posto nostro?
Che faremmo senza la nostra Grande Mamma pubblica?
Essa ci vuole in piena forma fisica sino a tarda età, tirati, lucidi e scattanti come giovani marmotte e ci detta le regole di comportamento della vita sana; magari povera, limitata e triste, però sana.
Il Buonanima, a suo tempo, si limitava a dire che libro e moschetto facevano il fascista perfetto; poi ognuno poteva mangiare, bere, fumare e fare quello che più gli aggradava, nell'alveo del lecito, compreso andare a sollazzarsi nei bordelli o gozzovigliare allegramente nelle osterie.
Insomma vivere, come riusciva meglio a ciascuno.
Invece questi fanno sul serio.
Ad onor del vero bisogna dire che voci in controtendenza se ne sono alzate, in queste sinistre circostanze attuali, confortandoci sul fatto che la pazzia del pedagogismo pubblico, delle "politiche educative”, del «corretto stile di vita» imposto dall'alto, non è inevitabilmente contagiosa, come può sembrare a prima vista.
Piero Ostellino – una delle più stimabili di queste voci libere – lo ha scritto con grande chiarezza sul Corriere di qualche giorno fa e vale la pena leggerselo da cima a fondo.
Nicola Porro c'è andato giù ancora più pesante, chiamando le cose con il loro nome: «Che razza di Stato è - si è chiesto - quello che attraverso la leva fiscale vuole imporre stili di vita corretti? Si chiama Stato etico e totalitario
Anche le sue considerazioni faranno bene a parecchi/e e, quindi, lo consiglio vivamente a tutti i lettori senza stare a ripetere cose già scritte con grande e maggiore efficacia di quanto potrei fare io.
Tuttavia, oltre a tutto lo strazio di cui sopra, qualcosa che non mi torna come dovrebbe ci sta ancora e provo a tirarla fuori.
Sintetizzando: ma chi cavolo è che passa le sue notti insonni e le sue giornate estive a studiare «il corretto stile di vita» per tutti? chi gli ha conferito questo incarico e sulla base di quale mandato popolare?
Qui la risposta si fa più allarmante della domanda, in quanto le sinistre figure vanno ricercate in quell'area di sovrapposizione tra un certo mondo della politica - quello animato da solidaristico e salvifico spirito missionario - e certo mondo della ricerca scientifica, sovrappopolato da sapientoni convinti di avere in tasca la teoria giusta della «buona vita».
Buona vita che, pertanto, nella loro ottica si riduce alla corretta esecuzione di una tecnica prefissata (da loro stessi!) che i politici zelanti si affrettano a depositare in norma vincolante.
Per dirla altrimenti, la forbice tra ceti dirigenti e popolino, tra sapere specialistico e sapere comune, tra proceduralità e buon senso, tra tecnicismi e tradizione si è divaricata al punto tale - ci hanno convinto che il gap sia diventato talmente incolmabile - che siamo stati tutti degradati al rango di minorati; un popolo bue da accudire, da accompagnare al pascolo, da sottoporre a controlli periodici di buona salute, da tenere tranquillo nelle stalle climatizzate e, naturalmente, da mungere per bene.
Come i bovini dipendono dal fattore, noi ci stiamo adattando a dipendere dai super-esperti politicizzati che ci dicono come dobbiamo vivere, cosa dobbiamo mangiare, come trascorrere il tempo libero, come scopare, dove andare, che pensare, che dire, che non dire, come lavarsi e come rilassarsi.
Beh...a fronte di tutto questo mi associo a quanto invocato da Nicola Porro: «rivendico il diritto alla panza!».
.......e in culo al «corretto stile di vita»!