E' l'8 marzo, parta la caccia al maschio




Non ho i titoli e le prebende di un Giordano Bruno Guerri (storico, intellettuale e giornalista) o di un Michele Serra (scrittore, giornalista e moralizzatore instancabile delle miserie italiche).
Non ne ho il prestigio e la caratura intellettuale, non ne ho il background acquisito nelle migliori redazioni e e nei migliori cenacoli nazionali, non ne ho l'invidiabile posizione sullo scenario della cultura italiana che il loro lavoro gli ha concesso o, meglio, tributato.
Però un punticino di vantaggio rispetto a questi titani ineguagliabili dell'intelligentsia nostrana me lo concedo da solo: mi onoro di non fare il battitore apripista dell'8 marzo, per l'ormai tradizionale caccia al maschio.
Sarà pure poco ma al loro cospetto mi fa sentire un gigante.
I tragici fatti di Brescia e di Verona dei giorni scorsi, dove uomini impazziti di gelosia o di chissà cosa hanno inflitto la morte alle compagne ed ai familiari, sono il tamburo dei battitori per l'anno 2012.
Giordano Bruno Guerri
Sono solo bestie, tambureggia Guerri; è un olocausto femminile, spinge alacremente sulle percussioni Serra dal cartaceo di Repubblica per stanare gli animali nascosti.
Non ci vuole Einstein per capire - ci spiega nel dettaglio l'insigne Guerri - che certe tragedie succedono «...perché i maschi hanno un senso animalesco della proprietà, e perché nel nostro dna animale c’è l’istinto ferino di difendere non la femmina, ma la proprietà della femmina dall’attacco di altri maschi».
Il mondo è sporcato dai «maschi», insomma, altrimenti sarebbe tanto più bello, pulito e ordinato.
Capi di bestiame da abbattere, senza pietà e senza neanche permettere alla protezione animali di mettere becco.
E poi, smettiamola con queste giustificazioni sentimentali che parlano impropriamente di "amore".
Chi ama deve amare la libertà dell'altra persona, deve essere pronto al nobile sacrificio delle corna, alle chiusure improvvise dei rapporti senza spiegazione, all'espropriazione dei figli quando ci sono, ad essere accantonato in ogni possibile momento, messo all'angolo, dimenticato, reietto.
Gli uomini - no, scusate, i «maschi» - devono essere immuni dalle passioni e votati al sacrificio personale, se no che razza di amore è? - Guerri ci insegna.
Cercare di capire?
Mai.
Quello, semmai, è un atteggiamento che diventa ammissibile, anzi, doveroso, quando una qualche madre butta il figlio piccolo dalla finestra, com'è successo sempre pochi giorni fa, non ricordo bene dove; o lo rinchiude nella lavatrice, o lo affoga nella vasca da bagno, o lo malmena sino alla morte o lo abbandona in un cassonetto o in tutti quegli altri modi di cui abbiamo notizia quasi quotidiana, almeno quanto i raptus maschili.
Allora lì bisogna approfondire, scavare nella delicata psicologia della femmina, andarsi a studiare il complesso di Medea, valutare, soppesare, ragionare, discutere, ricostruire, indagare, approfondire.
Riservare queste attenzioni anche agli stati d'animo maschili non se ne parla.
Perché è possibile che anche quei fatti ricadano sotto la responsabilità indiretta di un marito troppo distante, di un padre troppo assente, di un amante troppo esigente, di un compagno troppo silente, di un uomo troppo carente.
E' giusto dare la caccia al maschio, è un'erbaccia da estirpare.
Se la famiglia è diventata un mattatoio di sentimenti contorti, di passioni malate, di nodi scorsoi affettivi, di follie dilaganti, di calcoli meschini e di incomprensioni scientificamente coltivate cosa importa?
L'importante è dare la caccia al maschio, origine di tutti i mali, farlo uscire dalla boscaglia e cercare di addomesticarlo con le buone o con le cattive; se si fallisce, abbatterlo, senza pietà.
Perché sono solo bestie, dice il battitore apripista Giordano Bruno Guerri, insieme a Serra, Gramellini e tanti altri.
Ecco, non ho i titoli e le prebende di questi intellettuali raffinatissimi, non ne ho il prestigio e la caratura intellettuale, non ne ho il background acquisito nelle migliori redazioni e e nei migliori cenacoli nazionali, non ne ho l'invidiabile posizione sullo scenario della cultura italiana che il loro lavoro gli ha concesso o, meglio, tributato.
Però sarà una mia sensazione, una ricombinazione logica di tanti elementi, una particolare disposizione d'animo; ma sia quello che sia oggi, al loro cospetto, mi sento veramente un gigante.
Ed avvertire questa piacevole sensazione nella giornata dell'8 marzo non ha prezzo.