Quegli uomini di una volta che non ci sono più




«Salve Gibbì,
Sono una donna e le scrivo perchè, per caso, sono incappata nel suo blog restandone incuriosita.
Ho 25 anni e la mia generazione (diversa dalla sua) in molti casi, istiga, purtroppo, alla misandria. Non sono femminista nè maschilista, tendo a considerare i singoli casi che, per esperienza personale, sono stati spesso molto deludenti.
Sono inciampata in ragazzi poco seri, incapaci a corteggiare e a impegnarsi.
Il mio ex fidanzato mi trattava male e ho dovuto lasciarlo io (perchè lui sarebbe andato avanti per inerzia). Spasimanti che richiedevano solo rapporti sessuali o che mi chiedevano pareri sulla loro estetica atteggiandosi da "primedonne". Ragazzi che sono letteralmente "scappati" perchè in competizione con me dal punto di vista dell'istruzione.
Tutto questo mi ha fatto molto arrabbiare lasciandomi un senso di amarezza.
Non voglio fare la vittima, forse avrò pregiudizi, ma questa é la realtà che ho vissuto sulla mia pelle e che riguarda molti ragazzi almeno della mia generazione.
Gli uomini vengono dipinti come dice lei, in "idioti", perchè forse lo sono diventati (o invogliati ad esserlo)? La stessa cosa é d'altronde anche nei confronti delle donne...
Io mi sono ritrovata purtroppo a odiare (momentaneamente) gli uomini per i casi sopra citati (fuga di fronte alle responsabilità, richieste sessuali, iper-narcisismo) che credo non siano le qualità del vero uomo ma i requisiti per essere considerati virili nella società odierna.
Essere studiosi, gentiluomini, onesti (ho conosciuto anche ragazzi così) é ad esempio una vergogna! I maschi vengono scoraggiati a questo: lo vedo, lo osservo.
Credo infatti che l'odio e la derisione verso l'uomo derivi proprio dai settimanali maschili e da molte trasmissioni televisive in cui il valore del maschio dipende dalle misure del suo pene, dall'aspetto fisico, dalla performance sessuale, dal numero delle sue conquiste, dall'affermazione personale (dobbiamo essere tutti laureati e rampanti!). Naturalmente ho amiche che incentivano a questo non considerando l'individuo uomo ma solo il piacere che ne possono trarre.
Tutto questo non fa bene nè all'uomo nè alla donna (che ha le stesse pressioni) generando frustrazioni e competizioni che allontano l'amore e incentivano l'odio.
La società ha caricato uomini e donne sull'impeccabilità fisica e psicologica, non crede? Siamo stati messi l'uno contro l'altro quando alla fine le reciproche differenze sono degli arricchimenti fondamentali!
E' forse questa separazione che dovremmo combattere.
Cosa ne pensa?»

Una donna





E già; non ci sono più gli uomini di una volta.
Questa è una lamentazione femminile che sentiamo talmente spesso da essere diventata un luogo comune come la scomparsa delle mezze stagioni o di quei buoni, vecchi sapori della frutta stagionale.
Il nostro mondo è cambiato, sta cambiando e non sempre in meglio.
Però, mai che ci si interroghi sulle cause, ci si limita a contemplarne gli effetti con disappunto.
Come se tutto ci cascasse addosso all’improvviso, senza una ragione ed un’origine precisa, lasciamo che il mondo intorno a noi si trasformi e lo chiamiamo progresso.
Chi si oppone a questo tipo di progresso, poi, lo chiamiamo in tanti modi diversi ma tutti a connotazione negativa: oscurantista, retrogrado, conservatore, reazionario, maschilista, misogino…magari anche fascista, hai visto mai!
Tuttavia, le domande cruciali: «chi ha voluto tutto questo e perché?» restano inevase, confinate nel retroterra delle cose non dette, probabilmente neanche pensate.
Infatti lì il terreno si fa scivoloso, pericolosamente inclinato verso il dubbio rende tante certezze sdrucciolevoli e incerte.
Il senso comune sta in mezzo, fermo e vigile come una guardia armata, a ricacciare indietro i nemici del «progresso».
Gli uomini si stanno femminilizzando – osserva la nostra amica – senza indicare il responsabile o le responsabili di questo fenomeno.
Accade così per caso?
E' un'evoluzione delle mode o ci sono ragioni ben più profonde perché tutto questo accade?

E' la nostra intera società che si va via via femminilizzando - cara amica - perché c'è chi ha dichiarato la maschilità un fenomeno antropologico da abbattere e il termine virilità impronunciabile.
Sarebbe sin troppo facile risponderle che è stato il femminismo a mettere le une contro gli altri, ma c'è dell'altro.
Ci sono i principi dell'uguaglianza e della parità tra i sessi a scandire il progresso.
C'è l'ideologia del "genere" che impone di credere che uomini e donne non si nasce ma lo si diventa; ed anche questo in nome del progresso.
Ma c'è anche lei stessa, che in un messaggio successivo mi dice:«...la guerra é (é stato) un valore chiaramente maschile come il culto dei corpi maschili nell'antica Grecia e il divismo cinematografico (anche maschile) dei primi del secolo scorso (Rodolfo Valentino fra tutti, Amedeo Nazzari, Douglas Fairbanks, etc.)».
Non so dire se quelli che lei cita siano realmente i valori della virilità o se, invece, siano solo alcuni dei campi nei quali si sono espressi alcuni uomini nella storia.
Ciò che so è che «virilità» è il segno del coraggio; perché essere virili significa, in ultima analisi, accettare i rischi di un'impresa - compresa la conquista di una donna - con i successi e i fallimenti che ne possono derivare.
Esattamente ciò che la donna media non sa fare, non vuole fare e - sicuramente, proprio per quelle differenze sessuali a cui fa riferimento anche lei - non farà mai allo stesso modo di un uomo virile.
Non tutti gli uomini sono virili, certo, ma quei pochi rimasti vengono guardati con sospetto, accusati di insensibilità, tacciati di machismo, di vanagloria e di egoismo.
Aggressivi e guerrafondai come sono descritti e presentati, non meritano rispetto; sono indegni.
E così, per non voler capire il presente, non resta che appellarsi a quegli uomini di una volta che non ci sono più, come le mezze stagioni e i buoni sapori del passato.
Utili per i ricordi, per le nostalgie e per le lamentazioni femminili quotidiane.
Saluti

Gibbì