Qualcos'altro si sta muovendo





Tanto per rimanere in tema con l'articolo precedente, qualche notizia dal fronte caldo di cui, anche in periodo estivo, rimaniamo spettatori interessati ed accaldati cronisti.
Nella temperie dei matrimoni che si annodano, si allargano, si allungano, si accorciano, si mischiano, si ingrippano, si scassano e sempre più spesso affondano, i soggetti in ballo - come sul vecchio Titanic - cominciano ad essere davvero tanti.
Era il lontano 1975 quando - nell'atmosfera infuocata dei radicalismi d'epoca, tra i quali il femminismo spiccava per ascolto pubblico e presa sulle masse - si mise mano al diritto di famiglia con una riforma, la famigerata legge 151, di cui scontiamo ancora oggi molte conseguenze.
La riforma recepiva gli umori e le istanze - come si dice in questi casi - di una società in rapida evoluzione, che andava completando il passaggio sociologico dai piccoli centri agricoli agli inurbamenti di massa, dalla stabilità delle tradizioni all'instabilità delle continue trasformazioni, dal sacro al profano, dalle gerarchie sociali consolidate alla loro negazione; e solo cinque anni prima era stato legalizzato il divorzio.
Una specie di rivoluzione che si era andata propagando, dalle piazze e dalle assemblee pubbliche in cui era stata concepita, alle mura domestiche, alle cucine, ai soggiorni e alle camere da letto e che avrebbe incendiato e mandato all'aria, nel tempo a venire, molte tranquillità familiari.
Tra gli effetti pratici di questa rivoluzione culturale - che mirava ad abbattere il totem fallico del patriarcato picconando indefessamente il suo rappresentante ufficiale, la figura maschile e paterna - se ne vanno constatando, adesso, alcuni che non erano stati previsti dai grandi riformatori sociali dell'epoca.
L'idea che sarebbe bastato estromettere, attraverso il diritto di famiglia, il marito o il padre - il maschio adulto, insomma - dalla vita domestica e familiare per consegnare la rivincita storica, "la revenge", al femminismo rampante si sarebbe scontrata fatalmente, prima o poi, con un'eventualità tanto elementare quanto perversa rispetto alle intenzioni.
Cioè, che nulla avrebbe impedito al "maschio adulto" espulso fisicamente da una famiglia - della quale avrebbe comunque continuato ad essere il principale finanziatore esterno - di andarsi ostinatamente a cercare un'altra compagna di vita coinvolgendola, di conseguenza, nei propri guai.
Questa ipotesi sciagurata, per i notevoli problemi arrecati da donne ad altre donne, non rientrava nelle previsioni della sorellanza femminista.
Sicché, a distanza di decenni dai grandi rivolgimenti epocali ricordati e con un tempismo notevolmente ringalluzzito dai più recenti "accomodamenti" legislativi e giurisprudenziali in materia, ecco che qualcosa si va muovendo, qualcosa sta emergendo e qualche crepa si comincia a formare anche nel monolitico mondo delle donne.
E' nato infatti - questa la novità - il "Movimento femminile per la parità genitoriale" che va ad affiancarsi alle ormai numerose associazioni di padri separati nella rivendicazione di un diritto di famiglia più equo.
«Il gruppo - si legge nel manifesto dell'associazione - nasce dall’iniziativa di alcune nuove compagne, fidanzate, seconde mogli, sorelle, amiche, madri, nonne, figlie… di papà separati.»
Tra i numerosi punti "ideologici", per così dire, del movimento si osservano una serie di «basta a questo e basta a quello» da stropicciarsi gli occhi.
«BASTA alle madri malevole e alla sindrome di alienazione parentale!»
«BASTA alla superficiale archiviazione dei REATI PENALI “femminili” solo perchè compiuti in ambito “familiare” durante una separazione conflittuale!»
«BASTA all’utilizzo improprio delle gravidanze indesiderate (nel terzo millennio…) per legare a sè un uomo non innamorato, che non si vuole sposare e che, nonostante ciò, viene comunque costretto a farsi carico di una paternità imposta con la forza!»
«BASTA al continuo esproprio legalizzato (dei beni e delle proprietà di ciascuno di noi) realizzato con la incredibile complicità dei cosiddetti “operatori del diritto”!»

....e via di questo passo.
Tanti malcelati "virtuosismi femminili" messi impietosamente a nudo da altre donne fanno ben sperare, tanto che verrebbe quasi voglia di andarsi a iscrivere al movimento mano a mano che si avanza nella lettura; almeno sino ai requisiti richiesti.
«Se vedi che le conquiste che tu e il tuo compagno, con i vostri sforzi, avete faticosamente raggiunto assieme per cercare di avere una vita migliore (avanzamenti di carriera, miglioramenti economici, etc.) vengono ingiustamente usurpati da una signora convinta che la parola ”parassitismo” equivalga alla parola “diritto”, aderisci alla nostra iniziativa!»
No, non sono sicuramente una donna; accesso vietato.
Tra l'altro non sono neanche un separato; quindi, che ci starei a fare in un'associazione che vede le problematiche maschili solo perché ne viene toccata indirettamente attraverso le separazioni e i divorzi?
A dire il vero, non mi piace molto neanche la proposta del «divorzio breve» e quella dei «patti prematrimoniali» che il movimento in questione indica come necessari, assumendo che sia "scontato" che debbano piacere a tutti.
A me, appunto, non piacciono, eppure sono ben disposto a dire gli stessi «basta» che dicono loro; solo che li tradurrei in qualcosa di diverso sul piano delle proposte.
Mi ricordo ancora oggi, però, della teoria degli insiemi che ho studiato alle medie e penso che, in fondo, avere in comune con queste donne una serie di «basta a questo e basta a quello» e poco altro - diciamo un 65% delle istanze rappresentate - rimane, comunque, una buona notizia.
Al di là del perché e del percome, sembra infatti che remino, quantomeno in parte, nella stessa direzione della questione maschile e tanto basta a salutare questo movimento come una novità positiva e benaugurante.
Tra rematori, emersioni e affondamenti, comunque, mi ritorna in mente quel Titanic della famiglia contemporanea, su cui in molti continuano allegramente a ballare intrecciando interessi personali ad affermazioni di principio e proposte di riforma, in un garbuglio inestricabile che non garantisce davvero la salvezza del natante.
Le cronache dell'epoca, poi, ci raccontano che di quei danzatori sul ponte del transatlantico prossimo all'affondamento si salvarono quasi unicamente donne, perché gli uomini si sacrificarono in maggioranza e colarono a picco con tutto il naviglio.
Nel naufragio della famiglia, invece, si cominciano a riconoscere anche effetti collaterali e vittime femminili impreviste.
Staremo a vedere, da cronisti accaldati ma sicuramente interessati, chi riuscirà a mettersi in salvo questa volta.