Leggere gli avvenimenti sociali e politici degli ultimi tempi attraverso una stampa non completamente omologata al pensiero unico progressista consente di osservare una trasformazione in atto già da qualche tempo.
Si tratta di un mutamento di prospettiva per il quale va maturando gradualmente nel sentire di molti la convinzione che non è sempre “giusto” – anzi, a volte non lo è affatto - quel principio radicatosi nella coscienza collettiva dal sessantotto in avanti, secondo il quale il mondo si divide pregiudizialmente in buoni e cattivi in funzione del sesso, della posizione sociale e del potere politico e/o economico posseduto da singoli e gruppi.
Allo stesso modo vanno man mano perdendo consistenza i corollari di quel principio che prevedono che la sola informazione, le sole opinioni, persino la sola satira “corrette” ed ammissibili, sarebbero quelle di sinistra; che il solo giornalismo “serio ed attendibile” sarebbe quello di sinistra; che la sola filmografia di livello sarebbe quella “impegnata” a sinistra; che l’unica salvezza dall’anomia e dall’imbarbarimento sociale starebbe nel “paternalismo di Stato” di sinistra; che la sola politica “morale”, quindi degna di pubblica militanza, sarebbe quella orientata a ribaltare i rapporti di potere per condurre deboli e marginalizzati ai vertici della società; insomma ancora e solo quella di sinistra.
Questo insieme di convincimenti a metà strada tra l’etica e la politica va mostrando crepe sempre più ampie e si tratta di crepe nell’edificio della cultura e delle filosofie politiche di fondo che hanno dominato la scena intellettuale degli ultimi quarant’anni.
Proprio da queste crepe politiche sembrano uscite le manifestazioni delle donne di domenica scorsa, di cui abbiamo anticipato i temi nell’articolo precedente, traendone, alla prova dei fatti, le più nitide e chiare conferme.
Che le contraddizioni ci fossero ancora prima dello svolgimento lo documentano gli innumerevoli distinguo, ma e però che hanno preceduto le piazzate e non solo dal fronte berlusconiano.
E’ stato, però, con il farsi effettivo della protesta che tutti i dubbi preventivi hanno mostrato la loro attualità, mettendo scandalosamente a nudo (è proprio il caso di dire) le incongruenze, i vittimismi, i moralismi strumentali e le giustificazioni di comodo che hanno accompagnato un’idea di “dignità femminile” messa a dura prova da altre donne; da quelle protagoniste “libere ed emancipate” degli scandali sessuali contro i quali si intendeva, non si sa bene in che modo, in che senso e con quali valutazioni di merito specifico, protestare.
Se, come ebbe modo di dichiarare Veronica Lario, ci sarebbero delle «vergini che si offrono in pasto al drago» nessuno è riuscito a capire di quali vergini parlasse – dato che di vergini in circolazione non se ne vede davvero traccia - e, soprattutto, a quale verginità morale femminile che non sia stata sconfessata, nei modi peggiori, dalle intercettazioni telefoniche e dai bonifici bancari.
Così come non si è capito cosa stessero a fare nella manifestazione, a quale titolo, con quale condivisione e con quali aspettative gli ombrellini rossi delle prostitute organizzate accanto alle mogli frustrate, Concita De Gregorio accanto alle suore agostiniane, Susanna Camusso troneggiante sul palco e quei poveri zerbini maschi con il tutto rosa.
Perché, poi, la manifestazione è riuscita nel miracolo logico più improbabile: quello di mantenere “il corpo delle donne” in bilico tra la redditività da capitale delle più spregiudicate e le pretese di venerazione mistica delle più fanatizzate.
E’ questo il risultato più rilevante della manifestazione che segna un passaggio epocale; cioè, l'equilibrismo di sempre tra prostituzione e neomoralismo femminista.
Nel mezzo - secondo l’abitualmente pessima M.L. Rodotà, figlia di cotanto padre – tra imprenditrici di sé stesse e predicatrici apologetiche di sé stesse, si sarebbero scorte persino le “femmine alfa”, riconoscibili dal fatto che dicono parolacce, imprecano, forse sputano e bestemmiano anche, ma in nome del progresso; quelle toste, insomma, mica fronzoli, tacchi alti e trucco come le donne di tutti i giorni.
E’ l’Italia diversa, è l’Italia migliore, è l’Italia delle donne alfa che, a giorni alterni, combatte per le povere vittime dell’Olgettina o forse contro; ancora non è chiaro ma di sicuro combatte solo per sé stessa, nel modo più autoreferenziale che sia immaginabile.
Vorrebbe essere l’Italia del futuro in rosa che, però, ancora non si decide tra santa e puttana.
Ad ogni modo un riconoscimento Berlusconi lo merita senz’altro; quello di essere riuscito a condensare, contro sé stesso, un caravanserraglio dalla composizione tanto scombinata e illogica facendo saltare fuori tutte le contraddizioni delle buone contro i cattivi che ci trasciniamo dagli anni settanta.
Se questo non è un risultato…..
Femmine alfa |
Allo stesso modo vanno man mano perdendo consistenza i corollari di quel principio che prevedono che la sola informazione, le sole opinioni, persino la sola satira “corrette” ed ammissibili, sarebbero quelle di sinistra; che il solo giornalismo “serio ed attendibile” sarebbe quello di sinistra; che la sola filmografia di livello sarebbe quella “impegnata” a sinistra; che l’unica salvezza dall’anomia e dall’imbarbarimento sociale starebbe nel “paternalismo di Stato” di sinistra; che la sola politica “morale”, quindi degna di pubblica militanza, sarebbe quella orientata a ribaltare i rapporti di potere per condurre deboli e marginalizzati ai vertici della società; insomma ancora e solo quella di sinistra.
Questo insieme di convincimenti a metà strada tra l’etica e la politica va mostrando crepe sempre più ampie e si tratta di crepe nell’edificio della cultura e delle filosofie politiche di fondo che hanno dominato la scena intellettuale degli ultimi quarant’anni.
Proprio da queste crepe politiche sembrano uscite le manifestazioni delle donne di domenica scorsa, di cui abbiamo anticipato i temi nell’articolo precedente, traendone, alla prova dei fatti, le più nitide e chiare conferme.
Che le contraddizioni ci fossero ancora prima dello svolgimento lo documentano gli innumerevoli distinguo, ma e però che hanno preceduto le piazzate e non solo dal fronte berlusconiano.
E’ stato, però, con il farsi effettivo della protesta che tutti i dubbi preventivi hanno mostrato la loro attualità, mettendo scandalosamente a nudo (è proprio il caso di dire) le incongruenze, i vittimismi, i moralismi strumentali e le giustificazioni di comodo che hanno accompagnato un’idea di “dignità femminile” messa a dura prova da altre donne; da quelle protagoniste “libere ed emancipate” degli scandali sessuali contro i quali si intendeva, non si sa bene in che modo, in che senso e con quali valutazioni di merito specifico, protestare.
Se, come ebbe modo di dichiarare Veronica Lario, ci sarebbero delle «vergini che si offrono in pasto al drago» nessuno è riuscito a capire di quali vergini parlasse – dato che di vergini in circolazione non se ne vede davvero traccia - e, soprattutto, a quale verginità morale femminile che non sia stata sconfessata, nei modi peggiori, dalle intercettazioni telefoniche e dai bonifici bancari.
No comment |
Perché, poi, la manifestazione è riuscita nel miracolo logico più improbabile: quello di mantenere “il corpo delle donne” in bilico tra la redditività da capitale delle più spregiudicate e le pretese di venerazione mistica delle più fanatizzate.
E’ questo il risultato più rilevante della manifestazione che segna un passaggio epocale; cioè, l'equilibrismo di sempre tra prostituzione e neomoralismo femminista.
Nel mezzo - secondo l’abitualmente pessima M.L. Rodotà, figlia di cotanto padre – tra imprenditrici di sé stesse e predicatrici apologetiche di sé stesse, si sarebbero scorte persino le “femmine alfa”, riconoscibili dal fatto che dicono parolacce, imprecano, forse sputano e bestemmiano anche, ma in nome del progresso; quelle toste, insomma, mica fronzoli, tacchi alti e trucco come le donne di tutti i giorni.
E’ l’Italia diversa, è l’Italia migliore, è l’Italia delle donne alfa che, a giorni alterni, combatte per le povere vittime dell’Olgettina o forse contro; ancora non è chiaro ma di sicuro combatte solo per sé stessa, nel modo più autoreferenziale che sia immaginabile.
Vorrebbe essere l’Italia del futuro in rosa che, però, ancora non si decide tra santa e puttana.
Ad ogni modo un riconoscimento Berlusconi lo merita senz’altro; quello di essere riuscito a condensare, contro sé stesso, un caravanserraglio dalla composizione tanto scombinata e illogica facendo saltare fuori tutte le contraddizioni delle buone contro i cattivi che ci trasciniamo dagli anni settanta.
Se questo non è un risultato…..