Il significato politico di Mister B

Oramai dovrebbe essere sufficientemente chiaro.
Piaccia o non piaccia, la grande, dirompente forza politica di Silvio Berlusconi non sta né nel suo potere economico, né in quello mediatico o televisivo.
berlusconi1O, meglio, entrambi questi fattori potrebbero essere, di per sé, significativi ma rimarrebbero, comunque, assolutamente insufficienti per spiegare le affermazioni elettorali ottenute nell'arco di oltre un quindicennio, se non fossero sostenuti e corroborati da un messaggio politico che è tipico della persona (da qui, forse, il suo invocato carisma) e - solo in parte minimale - del suo schieramento; schieramento che, nella maggior parte dei suoi membri di ogni ordine e grado, sembra non essersi ancora reso pienamente consapevole di cosa si tratti.
Quella grande, dirompente forza politica di Berlusconi, ciò che lo rende familiare e vicino almeno ad un italiano su tre in pianta stabile, di fronte alla quale i suoi avversari paiono disarmati di idee e di argomenti può essere definita con un'espressione di moda, ma declinata al contrario: "political uncorrectness".
Berlusconi incarna, come mai nessuno prima (e probabilmente dopo) di lui, quell'insofferenza pronunciata a voce alta e senza tremori nella voce verso il conformismo imposto dalla cultura del "politically correct" (ciò che si può dire e, quindi, pensare e ciò che non si può dire e, quindi, non si può pensare).
Una cultura con pretese egemoniche sulla società e sulle coscienze individuali, come ha evidenziato Luca Ricolfi - non un bieco reazionario, ma un intellettuale organico alle sinistre, benché dotato di rara intelligenza critica e di rara onestà intellettuale - nell'ambito della sua teorizzazione sul "complesso dei migliori".
Scriveva, più sinteticamente ma altrettanto efficacemente, lo stesso Ricolfi su La Stampa di soli due anni fa:
"Nella cultura italiana i luoghi comuni della sinistra «politicamente corretta» sono diffusi in modo leggero ma capillare. Per molti cittadini progressisti o illuminati se voti Forza Italia come minimo sei un affarista, un mafioso, o un abbindolato. Se voti Lega sei una persona rozza, egoista e intollerante. Se voti i post-fascisti non hai diritto di sedere al desco dei veri democratici. Se sei di sinistra e ti capita di comprare il Giornale ti guardano come se avessi acquistato un rotocalco pornografico."
Berlusconi, dobbiamo sapercelo dire con chiarezza, ha lacerato e continua a lacerare, con i suoi comportamenti pubblici ma soprattutto privati, quel diaframma di perbenismo politicamente mascherato che nutre il "razzismo etico" delle sinistre di cui, altrettanto efficacemente, scriveva Marcello Veneziani alcuni anni fa; concetto sulla base del quale lo stesso Ricolfi avrebbe poi scritto, a proposito del suo stesso schieramento politico, il libro "Perché siamo antipatici".
Per dirla più brevemente, Mister B incarna e condensa su di sé, come nessun altro è mai riuscito a fare nell'ultimo ventennio di vita politica, l'alternativa alla pretesa egemonia culturale (prima ancora che politica) della sinistra; lo fa nei modi rozzi e grossolani di cui sappiamo, lo fa nei modi che fanno contrarre in smorfie di disgusto il benpensante-tipo contemporaneo, lo fa eccedendo nei comportamenti; lo fa in modo "politicamente scorretto", nel vero senso di questa espressione, ma lo fa e lo rivendica come parte della propria libertà di essere così com'è, senza correzioni imposte da altri.
Questa elementare, sintetica considerazione di carattere culturale - prima ancora che politico - dovrebbe, ad avviso di chi scrive, spingere ad alcune riflessioni di carattere più generale anche coloro che si occupano di questione maschile.
Si prenda la vicenda di questi ultimi giorni, che vede Berlusconi al centro di nuove, furenti polemiche, cavalcate dai suoi avversari con argomentazioni che si collocano a metà strada tra l’avversione etico-morale per l’uomo e la malcelata avversione per ciò che esso rappresenta in termini antropologici: la vicenda “Ruby”.
Non è affatto un caso che gli strali, spesso pretestuosi, che si abbattono sul premier siano rivolti all'uomo - al suo modo personale di essere "maschio", alla virilità guascona vera o presunta - prima ancora che rivolgersi ai suoi atti politici ufficiali sui quali, risultati politici alla mano, la presa sull'opinione pubblica delle opposizioni appare obiettivamente scarsa.
Si prenda, ancora, l'esternazione pubblica di queste ultime ore - "meglio le belle ragazze che essere gay" - già fonte di mille polemiche, non ancora sopite quelle su Ruby, che il PdC affronta a viso aperto; la sensazione netta è che Berlusconi dica a voce alta quello che molti italiani pensano senza avere il coraggio di dire e si tratta di cose che hanno a che fare anche con la maschilità e con il modo che dovrebbe essere considerato politicamente corretto di essere uomini, secondo alcuni.
Giusto-sbagliato? Condivisibile-non condivisibile?
Ognuno potrà darsi le interpretazioni che vuole ma rimane, fermo e fisso, il fatto che se non fosse Berlsuconi ad incarnare questa avversione spontanea al gran frullatore del pensiero e del modo unico di stare al mondo, soprattutto con riferimento alla condizione maschile, nessun altro, ad oggi, sembra in grado di poterlo fare.
Ultima annotazione, per nulla marginale rispetto al ragionamento accennato; non si conoscono, ad oggi, i termini esatti dell'affaire "Ruby" se non attraverso le forzature e le deformazioni informative che la stampa di sinistra ha costruito ad arte, sin dal primo istante, senza svolgere accurate verifiche o attendere conferme di merito.
In preda ad una sorta di isteria compulsivamente anti-berlusconiana, c’è chi si è prodigato a tratteggiare, nell’immediatezza delle prime notizie trapelate dagli ambienti giudiziari, scenari dionisiaco-orgiastici, dando credito a potenziali accuse di sfruttamento della prostituzione – se non, addirittura, di pedofilia – che avrebbero dovuto vedere coinvolto il premier, direttamente o indirettamente, in combutta con personalità dello spettacolo e di rilievo del centrodestra.
Scenari non verificati e strumentalmente branditi come una clava mediatica – tanto da essere ripresi anche dalla stampa estera – ma che sarebbero, poi, stati smentiti nelle ore successive dalla stessa Ruby con la nota telefonata diffusa, naturalmente, solo da alcuni organi di informazione e non da altri.
Questa metodica di fare presa sull’opinione pubblica, appare abbastanza evidente, segue la stessa logica operativa mediante la quale i femminismi di ogni estrazione conducono da sempre le proprie battaglie politiche anti maschili; quasi una specie di marchio di fabbrica del modo di rappresentare la realtà a sinistra che, a secondo delle opportunità politico-strategiche, oscilla tra il catastrofismo moralistico, il catastrofismo sociale, il catastrofismo ambientalista e il catastrofismo economico e che, nel caso dei femminismi, si esprime, appunto, attraverso una descrizione della realtà femminile altrettanto catastrofica ed asseritamente  insopportabile, seguendo la stessa falsariga descrittiva e politicamente operativa.
In definitiva, anche la costruzione mediatica di una "presunzione di colpevolezza" nei confronti del Berlusconi uomo ci riguarda, in qualche modo, tutti, in quanto e se uomini.