Nonostante la scarsità di tempo di cui dispongo in questo periodo mi piace segnalare un articolo di Marco Faraci - pubblicato sul sito Libertiamo - che suggerisce una duplice serie di riflessioni.
"Quindici anni fa a Srebrenica - scrive Faraci -, città nella parte orientale della Bosnia Erzegovina, si consumava il più grande omicidio di massa mai avvenuto in Europa dopo gli anni ‘40...[...]....Praticamente tutti i maschi tra i 16 ed i 65 anni furono messi a morte e la stessa tragica sorte toccò a molti anziani e persino a 441 bambini."
Non si parla, quindi, solo di genocidio ma, in un'accezione insolita e rovesciata rispetto agli abituali standard di vittimologia femminile, di 'genericidio' maschile, per i motivi che nell'articolo vengono sommariamente illustrati.
La prima serie di riflessioni che questa lettura porta a formulare è che le prime e immediate vittime di ogni teatro bellico - come ci dicono anche le statistiche dell'ultimo conflitto mondiale - sono prevalentemente e di gran lunga di sesso maschile, con buona pace di chi vede nelle donne le povere vittime di ogni avvenimento storico.
Seconda serie di riflessioni: il silenzio mediatico e informativo su questi fatti.
Scrive ancora l'autore: "Pochi libri sull’argomento. Nessun kolossal cinematografico. Nessuna menzione ricorrente sui grandi media. Quello che accadde quindici anni fa sembra ormai rimosso dalla coscienza collettiva e non si è guadagnato un posto nell’industria della memoria."
Faraci non si arrischia a mettere insieme questi due ordini di riflessioni ma qui ne possiamo leggere l'interazione ed il concatenamento logico, senza troppi giri di parole.
Il sacrificio degli uomini - anche il più estremo - non fa notizia.