Dubbi allo specchio delle sue brame

Prima di continuare sul tema della sessualità - di cui questo articolo tratta, comunque, anche se in modo indiretto - non può passarsi sotto silenzio il singolare dibattito originatosi dall'articolo di Susanna Tamaro sui fallimenti del femminismo, pubblicato, il 17 aprile scorso, dalle pagine del Corriere, poi sviluppatosi nei giorni successivi sulle stesse colonne.
Una serie di dubbi, come smagliature e accumuli di cellulite nella luminosa e progressiva figura della "donna emancipata", hanno cominciato a prendere forma sotto l'indice della Tamaro la quale, allo specchio della realtà, si è messa ad esplorarne in pubblico la sagoma effettiva e gli inconfessabili inestetismi.
Emancipazione femminile - osserva la scrittrice - sembra avere avuto il solo significato di negare la mistica dell'angelo del focolare con la mistica del suo esatto opposto: la celebrazione del corpo, la bellezza e il sesso, come scopo e strumento della propria libertà.
Il presente è popolato da un esercito di perfette barbie tutte uguali, preoccupate solo di piacere e piacersi, che non è la liberazione promessa dalle sacerdotesse del cambiamento femminista ma una nuova, alienante omologazione.
Bella scoperta!
Chi è il responsabile dello sfacelo? Il femminismo?
Neanche per idea: è il "sempre più volgare maschilismo" che alligna nella società dei consumi (in che modo, poi, non si capisce, visto che le donne sono le più accanite ed appassionate consumatrici di sempre) e la negazione del senso storico dell'esistenza che imprigiona le donne in un'illusione di eterna giovinezza, sino all'amara scoperta della propria solitudine.
Risposta a stretto giro di post dell'immancabile Rodotà che, il 19 seguente, tuona: è vero, "siamo meno libere di vent'anni fa", ma non perché ci piace apparire ed essere carine, solo perché "in Italia non si è mai creata una vera cultura del politicamente corretto"; ossia un'omologazione sociale a nostro uso e consumo.
Insomma, non c'è stato troppo femminismo, ce n'è stato troppo poco e le donne (e gli uomini) non sono stati addomesticati a sufficienza.
Reagisce risentita alla Tamaro anche la pedagogista Barbara Mapelli, lo stesso giorno della Rodotà, la quale ammette: sì , "ci sono anche le pseudo veline, le clienti precoci dei centri di chirurgia estetica, ma rappresentano una parte, molto visibile ma minoritaria, di quella pluralità che significa oggi essere una giovane donna".
Insomma, non esageriamo, si va a gonfie vele.
In coro intervengono, poi, le ex portavoci del Ministero per le Pari Opportunità, Alessandra Di Pietro e Paola Tavella, le quali elencano le straordinarie conquiste ottenute dalle donne in movimento: "Famiglie allargate (che felicità...), libertà di scelte sulla salute (leggasi aborto), percorsi spirituali (???), imprenditoria femminile (agevolata), formazione (di chi?), difesa della scuola (allora...), integrazione degli stranieri (no comment), volontariato (come se lo avessero inventato loro), cura della terra e dell’ambiente (ambientalismo forever)".
Un programma politico interamente realizzato dalle donne - dicono loro - ma che, a giudicare dai contenuti e dal conseguente responso delle urne in questi ultimi anni, deve averne scontentati davvero in parecchi (e in parecchie).
Sarà il caso di ripensarci?
Controcanta Marina Terragni la quale ricorda che, al di là del vittimismo di maniera sempre presente per non sbagliarsi, le donne stanno rinunciando al mitico "empowerment" per pietà verso gli uomini, che senza "potere" non saprebbero dove rigirarsi e cosa fare di concreto (la sua concezione della questione maschile, sic!).
Pone, infine, una pietra tombale sull'intera questione Cristina Comencini alla quale - chiedendosi come mai "la tivù pubblica italiana trasmette programmi in cui il corpo delle donne è esposto come non accade in nessun paese europeo" - non viene proprio in mente che dipende dalle file di ragazze e donne mature pronte a fare "di tutto e di più" per andare in tivvù (e non solo lì). No, dipende dal fatto che la politica, quella con la p minuscola o Maiuscola, non ha fatto nulla per trasformare la società e renderla a misura di donna.
Complimenti!...e se fosse a misura di donna quando lo vedresti più un telegiornale, tra una velina, uno smutandamento e una telenovela?
L'interrogativo, purtroppo, non era all'ordine del giorno e qui si chiudono, per il momento, le giostre.

Intendiamoci, non voglio farmi beffe di un dibattito che, evidentemente, offre molti più contenuti di quanti se ne possano riassumere in un banale articoletto da blog (e che ognuno può leggersi tranquillamente).
Né ridurre tutto alle ciprie dialettiche spalmate (si dirà così?) sulle rughe delle disillusioni femminili che, forse, al naturale, nella loro profondità, susciterebbero più comprensione - magari rabbia, sì - piuttosto che opposizione; la scoperta che il mito dell'indipendenza ha significato (ed avrebbe significato) anche più solitudine sembra la scoperta dell'America.
Ma quello che , sinceramente, non riesco a spiegarmi è come mai - nello sforzo di parlare di sé stesse e di parlarsi addosso come sempre, in questi casi, in modo autoreferenziale - a nessuna di queste "intellettuali" sia venuto in mente che i problemi che oggi si trovano di fronte e che ieri altre hanno sollevato per loro, riguardano ed investono, hanno riguardato ed hanno investito, anche gli uomini.
La pretesa di cambiare gli uomini - una pretesa intimamente autoritaria, perché imposta forzatamente - non è un'invenzione geniale del femminismo; le donne di tutte le epoche l'hanno praticata nell'esatto momento in cui un uomo si offriva di sposarle e loro si proponevano di "educarlo" e di "cambiarlo" (chissà perché se lo sposavano, poi, se non gli andava bene al naturale).
Educarlo a che cosa?
A sé stesse.
La quintessenza dell'egocentrismo che si perpetua nel presente in forme più alte e intellettualmente sofisticate.
Il refrain non cambia, la pretesa non muta (assume solo forme politicamente esorbitanti e si associa ad altri astratti  intenti "educativi"), gli uomini rimangono fedelmente sé stessi, com'è giusto che sia, oppure le mollano e vanno per la loro strada; e loro si ritrovano sempre lì a lamentarsi perché qualcuno non gli ha dato qualcosa o non ha fatto abbastanza per loro (ossia, non si è adeguato abbastanza alle proprie esigenze).
Lo Stato, la politica, il partito, l'amante, il marito, l'amico, il padre, il fratello, il vicino di casa; tutti sempre in debito di qualcosa.
Continuando ad ignorare bellamente che le cose che riguardano il rapporto tra due persone - o tra due categorie umane - non le può decidere una sola, anche per l'altra.
Ma questo tema, per loro, non è e non è mai stato all'ordine del giorno.
Così continuano a guardarsi allo specchio e a non capire che la più bella del reame non era l'obiettivo voluto ma, guarda tu il caso, è l'inevitabile (e prevedibile) risultato raggiunto.
Bah....