E' ora di tornare a combattere





Sono passati oltre due anni da quell'ormai lontano 8 marzo 2013, quando da questo blog sono state alzate le mani con una declaratoria di sconfitta senza speranza.
Due anni e mezzo non sono pochi, è vero, eppure se ritorniamo ai temi dei momenti che hanno preceduto quella resa senza prospettive, sembra trascorsa un’era geologica.

Da allora tutte le questioni che riassumono la cultura antimaschile vigente da decenni e che rappresentano l'oggetto d'attenzione di questo sito hanno subito, in questo semplice intervallo di tempo, un’accelerazione esponenziale, anche per effetto delle nuove maggioranze di governo intervenute e delle loro agende politiche in via di realizzazione.
Teoria del genere (o gender) dilagante, promozione statale e mediatica dell’omosessualità travestita da contrasto al bullismo ed alla cosiddetta violenza di genere, provvedimenti finalizzati a “rieducare” le masse in senso anti-omofobico o, per meglio dire, ad introdurre nell'ordinamento il reato d’opinione; sono questi solo alcuni dei passaggi che hanno reso nel frattempo quasi obsoleti gli allarmi delle coscienze libere per tematiche altrettanto inique ed illiberali quali le quote rosa, i diritti negati dei padri separati, gli ormai innumerevoli privilegi femminili in campo giuridico e la colpevolizzazione senza quartiere della maschilità, intesa come identità antropologica da emendare e trasformare nel suo opposto.
Tutte istanze che, sino ad allora, dominavano la scena.

Quell'ormai lontana pretesa di controllo della natura umana attraverso provvedimenti settoriali, specifici e circoscritti posta in essere dal mondo che ama definirsi “progressista” – senza spiegare che  intende promuovere il progresso di alcune a danno di altri - ha ceduto il passo ad una pretesa di controllo totalizzante sulla società, ottenuta mediante l’egemonia sulla cultura, sul mondo intellettuale, sui media e sugli stessi processi formativi dei giovani che, sin dalla più tenera età, rischiano oggi un indottrinamento solo meno apparente – ma altrettanto profondamente totalitario e violento – di quello che voleva produrre nel novecento “l’uomo nuovo” di destra o di sinistra.
Il livello della propaganda ideologica raggiunge, rispetto a soli due anni fa, vertici impensabili, toccando istituzioni della riproduzione culturale che, dopo essersi guadagnate nel tempo livelli di autorevolezza universalmente riconosciuti, svolgono oggi la sciagurata ed indegna funzione di voce del potere: stampa di regime, televisioni di regime, scuole di regime, università di regime.
La stessa espressione “ricerca della verità” sembra perdere via via gran parte del suo significato, dal momento che “verità di comodo” sono scientificamente e sistematicamente costruite con campagne informative deformate nel senso voluto da chi padroneggia il vapore. Com'è stato nel caso della violenza di genere - una campagna mediatica fondata su dati oscenamente truccati - oggi è l’omofobia l’allarme sociale costruito ad arte sul nulla, al solo scopo di imporre modelli, comportamenti e stili di vita che, nella pretesa di costruire un'artificiosa ed utopica uguaglianza, soffocano in realtà le principali libertà dell’individuo; prime tra queste la libertà di pensiero e di parola.

Ma, a differenza di ciò che avveniva soli due anni fa, c’è anche un altro importante mutamento che nello stesso tempo ha trasformato la situazione: la resistenza al regime si è finalmente attivata, il numero e la consistenza sociale di coloro che non tollerano più il bavaglio imposto dalle élite dominanti si è fatto significativo, l’opposizione agli ingegneri sociali che detengono saldamente il potere ed impongono la loro “correttezza politica” ha preso corpo, forma e voce. Quella sconfitta che l’8 marzo 2013 qui sembrava senza speranza ha ritrovato un inaspettato spiraglio di luce.
La Manif pour tous Italia (oggi Generazione Famiglia), la nascita del movimento di Mario Adinolfi e della testata La Croce, le Sentinelle in Piedi e tutto il fermento che ha prodotto la grandiosa manifestazione nazionale del 20 giugno scorso, a difesa della famiglia naturale, sono i più evidenti e conclamati segnali di un’opposizione crescente e finalmente dichiarata al pensiero unico dominante.


Tutti costoro, infatti, sono tornati a riconoscere, difendere e promuovere le differenze tra principio maschile e principio femminile, tra uomo e donna; sono tornati – dopo un’incomprensibile e negligente latitanza di decenni – a sostenere la dignità dei due sessi nella loro diversità.
Sono tornati – ed è questo il punto qualificante che qui interessa evidenziare di questi movimenti – a riconoscere che l’eguaglianza ottenuta attraverso la cancellazione delle differenze naturali per imposizione politica è un'aberrazione ideologica destinata a produrre disastri e sofferenze; che non esiste un’antropologia migliore ed una peggiore che deve assimilarsi alla prima, ma che uomo e donna sono portatori di valori umani diversificati, il cui incontro completa tanto l’uno quanto l’altra.
E’ così arrivata una reazione politica che investe, finalmente, anche il tema della condizione maschile nella società cosiddetta post-femminista – ma in realtà oggi interamente sotto l’influenza del neo-femminismo egualitario imperante – nel rivendicare la necessità della figura paterna nell'ambito familiare, nel proclamare la dignità insita nella visione maschile della realtà, nel conservare quanto di buono e di luminoso proviene dalla tradizione dei nostri padri.

Sì, le cose dall’8 marzo 2013 sono cambiate in peggio, ma anche in meglio.
Così, la sfiducia che aveva condotto chi scrive ad alzare bandiera bianca, per non cadere nella sindrome da “ultimo giapponese”, può essere accantonata.
Forse "deve" anche essere accantonata, in considerazione del fatto che, comunque, il tema della misandria -  quell'ostilità verso il mondo maschile e l'idea stessa di virilità, su cui ruota buona parte del cosiddetto progresso contemporaneo - continua, nonostante tutto, a rimanere sempre sullo sfondo, mentre c'è estremo bisogno di portarlo in primo piano, anche facendolo nei limiti di un piccolo, isolato blog.

Sino alla dichiarazione di sconfitta - che oggi viene ritirata, per issare nuovamente il vessillo della battaglia - i post che venivano pubblicati su questo sito erano come messaggi nella bottiglia lanciati nella vastità dell'oceano del web, nella speranza che qualcuno li leggesse, ci riflettesse sopra e ne parlasse.
Rinata la speranza che non tutto sia perduto, non c'è motivo che non si torni a gettare messaggi nel vasto mare della rete; nella peggiore delle ipotesi sarà stato solo uno sforzo apparentemente inutile.
Ma, come ha scritto Edmund Burke, "perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rimangano in silenzio".
E questo è un rischio che non deve essere corso, un peccato che non deve essere commesso, una complicità che non deve essere prestata.

Da oggi si ricomincia e si ricomincia anche con il video che, in un certo senso e in un certo modo, ha contribuito fattivamente a dimostrare l'assurdità di certa ideologia e far rinascere la speranza di un ritorno alla ragionevolezza ed al rispetto della realtà.
Se ne consiglia l'attenta visione a chi non lo avesse già visto.
Rappresenta in buona parte la materia di interesse di questo blog.


Il paradosso norvegese