Di pagliacciata in pagliacciata





Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere e non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire.
Questa massima popolare è talmente vera che ne abbiamo grandi quantitativi di conferme storiche e quotidiane, tanto nel passato prossimo e remoto, quanto nel più immediato presente.
Prendiamo l'ultima, per comodità.
Stefano Zecchi, che è firma autorevole del Giornale e commentatore sicuramente non omologato alla political correctness dominante, ha scritto che «...la legge sul femminicidio è una pagliacciata per far discu­tere».
Non solo.
Ha anche aggiunto, in uno scarto improvviso di serietà rispetto al tema, che «la distinzione di genere in un omicidio è la violazione di un principio etico fondamen­ta­le su cui si costruisce la convivenza civile in una democrazia».
Il duo delle meraviglie
Il giornalista commenta in questo modo la recente proposta di legge delle due parlamentari "moderate" - Bongiorno e Carfagna - con la quale vorrebbero introdurre nell'ordinamento giuridico l'aggravante estrema del c.d. "femminicidio" nei casi di omicidio o tentato omicidio di donne a sfondo passionale.
Epperò, secondo Zecchi la proposta sarebbe tanto grave ma talmente poco seria, come direbbe provocatoriamente Flaiano, che parlare, ragionare o commentare in modo più approfondito un disegno di legge che viola l'elementare principio della pari dignità di tutti i cittadini - o, se si preferisce, del pari valore etico della vita maschile rispetto a quella femminile - significherebbe «dare troppo peso a una pagliacciata di due deputate in attesa di voto».
Insomma, il femminicidio è una panzana da qualunque parte la si voglia osservare - sostiene Zecchi, esattamente come sosteniamo convintissimamente anche noi - ma a differenza nostra lui dice che è una panzana a cui non è il caso di dare eccessiva importanza, da non sopravvalutare, che non merita quasi alcuna attenzione.
Si conferma il medesimo atteggiamento anche da altri siti e blog, nei quali si riconosce che la proposta di legge è «un orrore giuridico e un'idea allucinante» ma che attraverso questo tipo di iniziative la «...Carfagna, in fondo, continua a fare quello che ha sempre fatto: spettacolo» - punto e basta.
Questi opinionisti commettono un drammatico errore di valutazione sottostimando, come la maggior parte degli uomini, il peso, la pervasività ed il potere raggiunto e gestito da quella multiforme corrente di pensiero che siamo soliti definire, per brevità, femminismo.
Essi probabilmente ignorano - voglio sperare - che non sono solo la Bongiorno e la Carfagna a parlare di femminicidio, anzi loro sono solo le ultime due arrivate di una lunga schiera che va discettando di femminicidi in parlamento, nel governo, sulla stampa, su tutti i media, in Europa, presso l'ONU, e che non più tardi dello scorso mese di settembre ha festeggiato, su un tema intimamente correlato e coerente con la teoria del femminicidio, la sottoscrizione del trattato di Istanbul da parte della maggioranza dei 47 paesi che formano la Commissione europea.
Insomma, è davvero molto ma molto più di una «pagliacciata» che si vorrebbe gettare da un lato: è roba grossa e pesante, è un'idea malsana che ha già attecchito in profondità in una parte tutt'altro che minoritaria dell'opinione pubblica e del ceto politico, è un'aggressione deliberata e palese allo stato di diritto che si va imponendo a colpi di trattati internazionali e proposte legislative per mezzo mondo.
Ma i commentatori di ogni ordine e grado, anche quando si rivelano molto più ragionevoli e liberi mentalmente di altri, scansano quest'idea come se fosse una semplice mosca fastidiosa e niente più.
In realtà anche lo stesso concetto di femminicidio è solo l'ultimo arrivato in una galleria degli orrori che i femminismi vanno allestendo da decenni impunemente, l'ultima pagliacciata in ordine di apparizione tra moltissime altre.
Ricordate quella cultura fatta di slogan insensati come: il compagno è la prima causa di morte delle donne, ne ammazzano di più gli uomini del cancro o degli incidenti stradali, la violenza è la prima causa di morte delle donne in una certa fascia d'età....eccetera?
Ecco, ciascuno di quegli slogan e di quelle descrizioni della realtà sociale sono una pagliacciata molto più falsa, posticcia e grottesca dello stesso femminicidio, ma circolano liberamente e da anni - con il loro oscuro carico di colpevolizzazione del mondo maschile - senza che nessuno si sia mai preso la briga di verificare, di entrare nel merito statistico, di contestare o semplicemente di pensarci e di ragionarci sopra.
Altre mosche noiose a cui non dare troppo peso.
Con la differenza che di pagliacciata in pagliacciata si è arrivati al femminicidio e non è un fatto casuale.
Per niente.
Per giunta, di pagliacciata in pagliacciata oggi si celebra la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne con descrizioni, resoconti, vittimismi e ululati mediatici che fanno apparire il nostro mondo come una specie di girone infernale dantesco nel quale le femmine sono state date in pasto ad una genìa di demoni di sesso maschile.
Un'altra pagliacciata che si aggiunge alle altre nell'indifferenza dichiarata dei commentatori, dei pensatori occasionali o di professione e della becera e umorale opinione pubblica, supinamente disposta ad ingoiare ogni stupidaggine, purché ripetuta un numero di volte sufficiente a pompare l'isteria di massa.

Fatto per comodità l'esempio più recente di come si possa essere ciechi e sordi alla barbarie che avanza andiamo alla ricerca di qualche precedente storico, tra i tanti possibili.
Potremmo citare il popolo tedesco, ad esempio, che all'indomani della sconfitta bellica ha reagito quasi con sorpresa alle accuse di avere violato in maniera sistematica e spesso atroce i più elementari diritti umani durante la guerra mondiale da loro stessi scatenata.
Stando ai resoconti d’epoca, sembra che i più fossero come tornati allo stato di veglia uscendo da una sorta di condizione ipnotica che impediva loro di vedere, sentire e capire; tutti disattenti e distratti, si giustificarono in massa sostenendo che non sapevano, che non immaginavano, che si limitavano ad obbedire.
In realtà, la maggior parte di loro, pur sapendo grosso modo come andavano le cose, non aveva nessuna intenzione di vedere e capire, vuoi per inerzia, vuoi per convenienza, vuoi per acquiescenza, vuoi soprattutto per quella complicità subdola e nascosta che passa sotto il nome di indifferenza.
E quindi erano ciechi e sordi alle violenze sugli ebrei e sui popoli conquistati, erano ciechi e sordi all'eugenetica, erano ciechi e sordi alle teorie della razza ariana ed erano ciechi e sordi alla follia devastatrice che si manifestava nei discorsi deliranti di conquista del mondo di Adolfo Hitler.
Un intero popolo di sordo-ciechi inconsapevoli.
Un po' come Zecchi e gli altri commentatori, facili all'alzata di spalle, all'acquiescenza superficiale, all'alibi della pagliacciata e, soprattutto, a quella complicità subdola e nascosta che passa sotto il nome di indifferenza.
Pensare che poi nella circostanza è venuto meno anche quell'abituale riparo di tanti soloni che la sanno sempre più lunga degli altri.
C'è un femminismo buono e un femminismo cattivo - dicono col ditino alzato e con l'aria della rassicurazione scema - c'è quello estremistico e quello moderato, quello totalitario e quello liberale, quello delirante e quello ragionante, quello tossico e quello potabile.
Poi se gli fai notare che il femminicidio lo invoca la Carfagna tanto quanto la Spinelli, la Bongiorno tanto quanto la Terragni, le brigate rosse tanto quanto la Santanché, la strega nocciola tanto quanto la fata turchina, allora si rifugiano nell'indifferenza, nel «chi se ne frega» falsamente superiore, nell'alzata di spalle, nella pagliacciata che risolve tutti i mali per esorcismo.
Che però, di pagliacciata in pagliacciata, da un'indifferenza all'altra, da un non vedevo a un non sentivo, si trasforma spesso in tragedia.
Come la storia insegna ciclicamente ai tanti soloni da cui siamo sempre circondati.
Sfortunatamente.