CHE C’E’ DI SBAGLIATO





Se mai un argomento ha presentato difficoltà veramente grandi per poter essere discusso senza patemi d’animo o timori reverenziali, quello che stiamo per affrontare lo supera davvero di diverse lunghezze.
Tuttavia, nonostante la ripidissima e impervia salita che vogliamo intraprendere, vale la pena affrontare il rischio di qualche scivolone, come si spera di dimostrare.
La domanda cruciale è presto detta: che c’è di sbagliato nel pensare che una parte del mondo possa vivere delle elemosine dell’altra parte del mondo?
Diamo qualche spiegazione.
Esci di casa e sei braccato da stranieri di ogni etnia e colore che ti chiedono soldi; rientri in casa e accendi la tivvù per essere inseguito da innumerevoli e lacrimevoli pubblicità che ti implorano di mandare 9 euro al mese per l’affido a distanza, per le malattie rare, per gli aiuti alimentari transnazionali e addirittura per i bambini poveri italiani della porta accanto; segui una partita e ti si chiede di mandare un sms per il cancro, per la violenza sulle donne (che c’entra…?), per la sclerosi amiotrofica eccetera (e per ogni gara di campionato o di coppa c’è una campagna differente); vai al supermercato e trovi l’iniziativa del “banco alimentare” per fare la spesa agli indigenti; vai in farmacia e trovi il “banco farmaceutico” allo stesso modo; per finire, a sera apri la posta elettronica e sei inondato di richieste di aiuto, soldi e sostegno provenienti dai quattro angoli del web.
A questo punto vai a dormire con un peso sull'anima in quanto, inevitabilmente, non hai potuto (e neanche voluto, in alcuni casi) soddisfare tutte le richieste urgenti di un’umanità rappresentata perennemente in bilico sul ciglio di un burrone (ma anche a favore di telecamera, in quei casi).
Con un simile peso nel cuore non stai più neanche a chiederti quante risorse già mandi con le imposte e le gabelle e i balzelli vari per la sanità, le assistenze e le azioni umanitarie che i tuoi governanti hanno già deciso di mettere in campo in tuo nome e per tuo conto. Dai per scontato che tu esisti per mandare i tuoi soldi in aiuto a qualcuno, sei tirato per i capelli nel modello filantropico che domina il bel civismo contemporaneo e non stai neanche più a chiederti se sia giusto, sbagliato, o un po’ l’uno e un po’ l’altro.
Qui, invece, abbiamo deciso di mettere l’interrogativo all'ordine del giorno.
Chiariamo quindi subito una cosa fondamentale: un buon cristiano è tenuto alla “Carità” e ci mancherebbe altro. Si tratta però di capire se sia anche tenuto a foraggiare l’industria della carità che si è sviluppata in misura abnorme e che ormai coinvolge un oceano incontrollato di ONG, ONLUS, enti benefici, centri ricerca e fondazioni varie che dentro questa filantropia diffusa e semi-obbligatoria (pena l’iscrizione nelle liste dei mostri insensibili) fanno il loro lavoro (nel senso che ci campano).
Il secondo aspetto che meriterebbe un approfondimento è che, mentre ci asciughiamo le lacrime per tanti fratelli sofferenti che meritano tutto il nostro rispetto e comprensione, veniamo anche a sapere che non sono mai stati raggiunti, storicamente, risultati tanto positivi nella lotta alla fame nel mondo, che interi continenti come quello asiatico viaggiano verso standard di benessere di tipo americano, che i fiumi di denaro inviati, filantropicamente, in Africa servono a finanziare signori e signorini della guerra, i quali della miseria della loro gente se ne strafregano bellamente mentre noi stiamo qui a strapparci i capelli in modo tanto caritatevole, equo e solidale, appunto.
Il terzo aspetto ragguardevole è che la Storia – non l’ideologia – dimostra in modo inequivocabile che la miseria (quella materiale, quella morale è tutt'altra questione, sia chiaro) è stata sconfitta dall'economia di mercato, quella che secondo certe dottrine tuttora farneticanti sarebbe alla base delle disuguaglianze planetarie ma che, in realtà, sta a tutt'oggi sollevando e affrancando dal bisogno paesi tradizionalmente poveri come la Cina, il Brasile, l’India eccetera. Non staremo a disturbare Friederich Von Hayek o la vecchia scuola di Chicago, a questo proposito, andatevele a studiare le cose prima di farneticare.
Quindi che c’è di sbagliato in tanta elemosina caritatevole che sprizza - come soluzione ai mali - dai media, dai convegni, dalle opinioni diffuse e dal modello stilizzato del buon cittadino che ci viene propinato in ogni forma, luogo e contesto?
Innanzitutto comincerei con l’osservare che qualunque principio – compresa la solidarietà – venga assolutizzato finisce per divorare gli altri principi esistenti – il principio di ragionevolezza, ad esempio – creando comportamenti afflitti da mostruosità sbilenche d’interpretazione dei fatti e dalla totale mancanza di equilibrio. Già questo basterebbe a ricollocare la solidarietà all'interno di limiti più appropriati, accanto alla libertà, al principio di realtà ed a quello di ragionevolezza, appunto.
Ma c’è anche un altro principio, che è quello del merito, che non viene preso in seria considerazione a questi riguardi.
Perché nessuno si chiede come mai il bambino africano è povero e diventerà cieco, per mancanza di cure, mentre è circondato da adulti che dovrebbero prendersene cura? Perché nessuno si chiede come mai un continente, come quello africano, ricchissimo di materie prime – dal petrolio all’oro ai diamanti al platino ai metalli pesanti eccetera – condanna le sue popolazioni alla miseria ed al sottosviluppo? Non è forse finita l’epoca coloniale e non si autodeterminano i popoli africani? Lo fanno bene, lo fanno male?
Domandine semplici semplici ma che nessuno pone – probabilmente per il timore di essere preso per razzista, che è uno dei modi più rapidi, e caritativamente repressivi, di tacitare interrogativi scomodi – preferendo il balsamo della coscienza dell’elemosina equa e solidale. Sicché i poveri restano poveri, tanto saranno assistiti da qualche buon occidentale pietoso e dall'anima bella linda da mettere in piazza, e le cose restano come sono sempre state.
Gran bella soluzione.
Una soluzione che ci porta direttamente al nodo gordiano dell’intera questione: la dissociazione tra sentimento e ragione o, meglio, tra sentimentalismo e razionalità (magari ancora meglio, tra principio femminile e principio maschile).
E non c’è bisogno di troppe spiegazioni contorte.
Basti pensare che stamattina, all'indomani degli attentati di Bruxelles, la reazione della Mogherini davanti alle telecamere è stata il pianto commosso; quella di Saviano, su Facebook, è stata - “il terrorismo si batte con l’integrazione”.
Ecco, forse il modo di affrontare le cose solidaristico ad oltranza, caritatevole senza prospettive, sentimentale senza razionalità – un modo devirilizzato e castrante, si potrebbe e dovrebbe dire – non porta a nessuna soluzione vera ma solo a tanta, tanta, tanta elemosina.