Lo spirito del no







C'è qualcosa nella decisione del Santo Padre di abbandonare il proprio impegno pastorale che mi ha lasciato sgomento.
Con questa decisione Benedetto XVI° si è uniformato allo spirito del tempo, allo Zeitgeist da cui siamo dominati.
Il «no» è lo spirito del nostro tempo.
Non so bene chi - ma sicuramente più di uno - ci ha convinti che i nostri no sono altrettanti strumenti di affermazione positiva di noi stessi.
La libertà dell'individuo, dicono, passa attraverso la negazione, l'indipendenza, lo scioglimento dei vincoli, il rifiuto.
Da piccoli diciamo no alle limitazioni dei genitori sbuffando e frignando, continuiamo a dire no durante l'adolescenza per fingerci più grandi e disinvolti e riprendiamo a dire no nella vita adulta per lasciarci "le mani libere".
Ma il no è soprattutto la denominazione di origine controllata del vero rivoluzionario, dell'idealista maniacale, di chi batte i pugni sul tavolo, di chi spariglia le carte del consiglio d'amministrazione, delle trame oscure e delle assemblee di condominio col medesimo trasporto.
Attraverso un'oculata gestione dei no ci sentiamo ricercati, desiderati e benvoluti, perché i divi e le dive non si concedono facilmente al volgo.
Con i nostri no lasciamo che la gente ci capisca per esclusioni successive e trasferiamo comodamente l'onere di farci capire da noi stessi a loro: vuoi questo? no - quello? no - quell'altro? no - che insondabile mistero la vita!
Si deve dire no alla TAV, al riscaldamento globale, ai mozziconi per terra, alla fame nel mondo, alla pena di morte, alla caccia alle balene e ai SUV, no alla violenza sulle donne, alle diseguaglianze e al cancro, no al razzismo e all'omofobia, no a Marchionne e no alle tasse, no ai sacrifici e no ai tagli, no a tizio a caio e a sempronio; l'elenco è infinito e comprende anche, tra le innumerevoli pieghe della lista aggiornata, persino il no alla misandria e al male-bashing, figuriamoci.
Ma se ci fermiamo un attimo a chiederci a cosa diciamo sì troviamo il vuoto pneumatico.
Un grande, gigantesco, mostruoso NO domina le nostre esistenze a ritmi serrati, a piccole dosi e nelle grandi delusioni, in casa o fuori, dall'alba al tramonto.
Usciamo la mattina con tanti bei no caricati accuratamente nella valigetta nelle borsette e negli zainetti, pronti da essere sparati contro tutti e contro tutto, e la sera gongoliamo, compiaciuti, al pensiero di quante belle negazioni abbiamo frapposto tra noi stessi e il resto del mondo.
Beppe Grillo, con i suoi gorgoglianti no stracaricati nel rossiniano crescendo del "vaffa" generalizzato e forcaiolo è l'idolo del momento. E mica è un caso....!
Ogni no ci consolida in noi stessi, contro gli altri, nella guerricciola quotidiana in cui spegnere la luce e l'aspettativa dell'altro con una bella negazione serve dannatamente e maledettamente a far brillare la propria infima fiammella un po' di più.
Nel buio funziona così.
In questo esercito dolente di bastian contrari cronici, di divette da supplicare, di illuminazioni a luci intermittenti, di lampi stroboscopici della negazione che ci paralizzano il volto in una smorfia fissa di delusione, adesso ci si è messo anche il Papa.
Per carità, povero Santo Vecchio, potessi, andrei lì a sostenerlo con la schiena ricurva, a dargli il mio sangue, le mie energie, le mie piccole insignificanti forze sino all'ultima goccia, senza risparmio.
Ma la speranza no, la speranza è Lui che ce la deve dare, perché Lui è l'incarnazione del «Sì».
L'Amore - quello con la maiuscola, quello di cui abbiamo bisogno come l'aria che respiriamo, quello che ci dice che siamo accettati e degni di esistere, sin dalla nascita - non si nutre di no, si nutre di sì.
E' affermativo non è negativo, è accettazione, non rifiuto.
Già me l'immagino l'obiezione di certuni, i bastian contrari d'occasione, a saldo, appunto: ma come, proprio il Papa, proprio la Chiesa che brandisce i suoi no contro il «progresso democratico», contro il matrimonio gay, contro l'eugenetica fisica e psicologica degli "uomininuovi", contro la repressione della libertà religiosa, di quella educativa e di pensiero, contro il sacerdozio femminile e le papesse.
I no del Pontefice all'adozione per gli omosessuali, dicono quelli: non è forse la negazione di una gioia, la delusione di un'aspettativa, l'ostacolo ad un progresso umano?
Poveri, insulsi, patetici e burocratizzati bastian contrari della buona tradizione e della morale naturale.
Perché, forse che i no di vostro padre - gli vorrei dire - hanno ostacolato il vostro progresso umano? o non l'hanno piuttosto agevolato? hanno impedito la vostra crescita o l'hanno resa possibile? forse che se non avesse vigilato su di voi, con le sue correzioni i suoi insegnamenti e le sue regole, non vi sareste sentiti abbandonati? voi che straparlate di politiche educative per il mondo, che cosa siete se non il risultato dell'educazione amorevole e attenta di chi vi ha messo al mondo?
Perché è un «Sì» che c'ha messo al mondo, è un «Sì» che ci ha accolto con un sorriso ed è lo stesso «Sì» che ci ha accompagnato con il suo sguardo amorevole anche quando diceva no, per educarci.
Senza quel sì non esisterebbe nulla perché non ci sarebbe incontro, relazione, rapporto, vicinanza e amore; senza quel sì non potremmo amministrare alcun no.
Non era un sì condizionato, relativo, a maggioranza qualificata e per alzata di mano, quello che leggevamo negli occhi di chi ci ha voluto bene; era un sì assoluto, che è quello di cui parla il Santo Padre, che è quello che Lui rappresenta(va).
Poi, intendiamoci, sarei l'ultimo degli ultimi a poter parlare di certe cose.
Non sono un buon cristiano, non frequento la mia Chiesa da anni, sono uno di quei cattolici che si definisce «non praticante» per non ammettere che i vincoli di un'osservanza religiosa li sente stretti, e che normalmente utilizza pochissimo termini come amore, speranza, conforto.
Ma credo di non essere troppo indulgente con me stesso se dico che essere cattolici in questo modo - che è poi il modo generale, della maggioranza - è come essere figli: sbuffi per i richiami, ti sottrai alle regole che puoi eludere, alzi le spalle per le sgridate e tiri fuori anche i tuoi no e le tue ribellioni.
Ma confidi che la tua Santa Chiesa Romana - come i tuoi genitori - stia sempre lì, con il suo sì rassicurante e inamovibile, che ti segua da lontano pronta a riaccoglierti in qualunque momento, che il suo sì non venga mai meno.
Il Papa è scomodo come può esserlo un genitore.
Gli diciamo no ma sappiamo che Lui, nella grandezza misteriosa della sua funzione, ci risponderà sempre, e sempre con quel «Sì» di sempre.
Era la nostra certezza, sino all'altro giorno, sino a quel «No» che forse cambierà molte cose.